Michele Smargiassi sul suo blog su Repubblica scrive un post lunghissimo per spiegare come mai Repubblica si disinteressa del copyright altrui e pesca su Internet le foto che pubblica sul suo sito, spesso alterandole per eliminare watermark e provenienza. Dice che il mondo è cambiato ed è diventato fluido. Ha ragione. Come il peggior Dagospia dice poi che chi carica contenuti online deve mettere in conto che tali contenuti potranno essere ripresi. Ha di nuovo ragione. Purtroppo, in mezzo a un numero ampio di paragoni senza senso (la foga talvolta è cattiva consigliera), Smargiassi, che pure è un bravo giornalista, svicola completamente il punto centrale di tutta la questione che è quello dell’utilizzo di quelli immagini “trovate” su Internet. In nove casi su dieci i contenuti che attraversano Internet lo fanno fuori da rilevanti contesti economici. Nel decimo questo non avviene ed il detentore dei diritti si sente giustamente raggirato. Una discreta percentuale dei contenuti che oggi compongono i siti web dei grandi editori vengono dalla rete, testi foto ed altro, fino alla per me irritantissima abitudine di prendere frammenti di video da Youtube e rinominarli con il logo del proprio giornale (quando li si potrebbe tranquillamente embeddare). Molto spesso basterebbe poco per comporre piccole tensioni, un link, una citazione corretta, l’attenzione per il tipo di licenza scelta. Su Flickr si potrebbero fare ricerche limitandosi alle foto in CC. Ripulita da una grande arroganza di fondo la composizione fra contenuti sotto copyright e liberi è molto spesso possibile anche all’interno di dinamiche economicamente rilevanti. Però bisogna volerlo e non peggiorare le cose scrivendo migliaia di battute con il tono del maestrino a spiegarci che il mondo è diventato fluido.
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Dicembre 21st, 2010 at 22:41
Il mondo sarà anche cambiato e diventato “fluido”, ma anche il fotografo a fine mese ha bollette e mutui, anche se spende meno in pellicole e sviluppo. Ma la “fluidità” presuppone la buona fede e la correttezza di riconoscere la “proprietà” altrui senza spacciarla per propria e – soprattutto – la gratuità del prodotto risultante…
Dicembre 21st, 2010 at 22:46
Appunto, bisogna volerlo, cioè bisogna pensarci, comprendere il sistema e sforzarsi di trovare soluzioni. Mi spiace se l’ho fatto con troppe parole, ma lo scopo era questo. Pensa davvero che dopo questa lunga discussione le cose siano peggiorate?
Un sauto
Il Fotocrate
Dicembre 21st, 2010 at 23:19
se la foto è fluida, parrebbe esserlo anche il video. Sempre Repubblica ha questa splendida abitudine di prendersi video pubblicati su youtube, farcirli della propria pubblicità e poi ripubblicarli lucrandoci sopra, in barba all’autore che anzi deve essere grato per aver avuto visibilità.
l’ultimo in ordine di tempo è Mike Tompinks, come segnala meghi (che – disclaimer – è mia moglie) su spotanatomy – http://bit.ly/fxWYWa
e se avete voglia di fare un esperimento, provate a “fluidificare” un po’ di contenuti di Repubblica, magari mettendoci della pubblicità intorno, e poi fatemi sapere come è andata a finire.
Dicembre 21st, 2010 at 23:40
Smargiassi
Repubblica ha fatto quello che spesso fa, solo che per una volta qualcuno s’è fatto sentire. Punto. Tutto quel suo scrivere è sembrato, al novanta per cento dei lettori, un inutile filosofeggiare sul nulla. Una arrampicata sugli specchi. O almeno queste sono le mie impressioni.
Repubblica, come tanti altri giornali, continua a fare queste cose da tempo e anche in quegli articoli che ne traducono altri presi da siti e giornali stranieri o che riportano agenzie di stampa si mette orgogliosamente un bel “tutti i diritti riservati”. Purtroppo mi pare si tratti di una cosa molto italiana, perlomeno prendendo a paragone i grandi giornali internazionali (a cui ovviamente me ne guardo dal paragonare i nostri). Leggo spesso giornali esteri e, dal nyt in giù, è molto molto difficile incontrare queste appropriazioni indebite con la stessa frequenza.
Il mondo è “fluido” da anni, e non certo da ieri, e non serviva ce lo venissero a spiegare.
Lei poi incentra il discorso su twitter, eMule eccetera, ma qui parliamo non di un blog di provincia, non di un account twitter. Qua parliamo di un giornalismo che dovrebbe essere professionale e invece, spesso, non lo è.
Dicembre 21st, 2010 at 23:43
In questo mondo, dove tutto appare fluido, non cè n,è da preocuparsi della fluidità di foto. In fondo se internet è un mare magnum, allora chiunque può pescare. Del resto non solo il quotidiano Repubblica, ma altrettanti più o meno autorevoli fanno la stessa cosa…con la correttezza dovuta aggiungendo: fonte o, per gentile conc.
Dicembre 22nd, 2010 at 00:05
smargiassi
io ti fluidificherei… lo stipendio… a zero.
vediamo cosa succede se da domani inizio a copiare e incollare gli articoli di repubblica sul mio sito?
La differenza tra © Riproduzione riservata sotto tutti gli articoli di quel fogliaccio di repubblica e © Riproduzione riservata impresso sulle mie foto sta negli avvocati che repubblica si puo’ permettere.
Dicembre 22nd, 2010 at 00:10
sulla fotografia ci sarebbero dei punti fermi:
1-chiedere il permesso
2-citare sempre e comunque in bella evidenza la fonte (l’autore)
3-MAI e poi MAI tagliare o modificare la foto di altri. Con tutta la fatica che si fa’ per dare un tono di colore o una certa composizione, arriva un qualsiasi impiegato di un giornale (neanche gratuito) e si permette di cambiare il mio lavoro?!?
Se la foto è di libero accesso: prendila, ma prendila così com’è! Se non ti piace, cercatene un’altra…
Poi, DOPO aver condiviso questi punti fermi si può parlare di fluidità, di fotografia e Fotografia etc etc altrimenti siamo al “libero saccheggio”…
Ps: sottolineo come il paragone fatto nell’articolo incriminato con il P2P contenga un errore fondamentale: se scarico un brano mp3, lo ascolto personalmente, non lo lego a nessun profitto: non lo condivido su un sito commerciale (come repubblica.it)… E’ diverso, mi sembra…
PPS: Se qualcuno inizia una battaglia contro la SIAE sulla fluidità della musica e di altre “opere dell’ingegno”, forse potrei battagliare anch’io ed iniziare a piegarmi fluidamente anch’io (o a diventare un full-creative-common)
Dicembre 22nd, 2010 at 00:15
@smargiassi
Si Smargiassi, dopo il suo intervento le cose sono anche peggiorate perché lei ha sottilmente avvolto la conversazione nel fumo della fluidità tralasciando una parola di condanna per questi comportamenti (ripetuti) di una grande azienda editoriale.
Non devo spiegare a lei che il suo intervento appare rappresentare, oltre la sua posizione personale, anche quella dell’azienda per cui lavora. Cosa che rafforza il sospetto che la sua azienda sia totalmente incurante del rispetto dei diritti della proprietà intellettuale (degli altri).
Dicembre 22nd, 2010 at 00:47
Io fluidificherei Repubblica. Voglio proprio vedere, a quel punto, a Smargiassi, cosa gli viene voglia di fluidificare.
Dicembre 22nd, 2010 at 01:18
Ci sono un sacco di fotografi che postano contenuti in rete con licenze che permettono il riutilizzo, con una parola di attribuzione.
Cosa costa? Nulla.
Nel 90% dei casi sono sicuro che chiesto il permesso il fotografo amatoriale sarebbe pure contento di permettere al quotidiano il riutilizzo delle sue foto, con nome dell’autore.
Pescare contenuti dalla rete e farli propri senza nemmeno una parola di citazione è una pratica scorretta.
Praticarla ripetutamente svuota di ogni credibilità ogni recriminazione sul diritto d’autore dei contenuti che si producono.
Se il web è fluido, lo diventa nei 2 sensi.
Dicembre 22nd, 2010 at 01:34
Da Repubblica questa bella difesa della fluidità proprio non me l’aspettavo, se si fa passare questa tesi si potrebbe quindi ragionevolmente dire che chi non paga le tasse è fluido, visto che il mondo va così.
Una caduta di stille non da poco, secondo me, pensate che bello e che grande esempio di trasparenza se quello di oggi fosse stato un post con scritto scusate, andiamo spesso di fretta, dobbiamo battere gli altri e stare sul pezzo, però avete ragione, da oggi non lo faremo più, solo foto CC o citando la fonte e remunerando i fotografi se richiesto.
E ritengo che molti fotografi sarebbero soddisfatti anche di un semplice “queste belle foto sono di Tizio Caio”
Poi quello di non citare la fonte è il peccato più grave secondo me, è addirittura una questione di morale e di etica, che deve venire prima dei discorsi sui soldi: togliendo la fonte rubate il nome della persona.
In alcuni casi per uno scatto che a voi fa fare “audience” il fotografo potrebbe aver anche rischiato qualcosa (vedi foto in contesti caldi come i recenti scontri di piazza).
Il non voler riconoscere neanche il semplice diritto ad un nome forse vi toglie anche l’autorevolezza per porre domande scomode e fare giornalismo vero , da tempo ci raccontate il “così fan tutti” ed ora ne diventate anche voi esponenti per un quid che potrebbe sembrare un nonnulla, ma come questione di principio è un quid grosso come una casa; addirittura tanto da poter delegittimare la vostra missione giornalistica di raccontarci con onestà e obiettività il mondo per poter “conoscere per deliberare”.
Ripensate a questa fluidità, fosse anche solo per poter disinnescare da ora un La Russa o un Gasparri che potranno liquidare in futuro una vostra domanda con un bel “zitti voi che rubate le foto in giro per internet!” o “da che pulpito volete che noi si renda conto di cose se fate così anche voi?”
Un ultima stoccata: mi ha fatto male leggere la distorsione fatta della cultura open e della cultura hacker del tutto gratis, la citate veramente male così en-passant ed a sproposito, gettate il sasso, nascondete la mano e però insinuate il dubbio.
Ancora un “fate tutti così”!
No, è sbagliato, le cose open non sono gratis, sono come il volontariato, un dono.
Chi fa open source mette la su capacità gratuitamente a disposizione di altri ed ad altri diffonde conoscenza in modo che possa essere usata ed imparata anche a chi non ha gli strumenti, anche economici, per fare da solo.
Addirittura alcune licenze open source consentono di rivendere e di guadagnarci sopra, però sempre citando l’autore ed in ogni caso è l’autore che autorizza da prima queste modalità d’uso, chi usa l’open source lo fa perché è autorizzato a farlo dall’autore, non prende e basta.
L’open non è entrare di nascosto in un giardino per prendere i fiori, ma è raccoglierli perché invitati dal giardiniere.
Ancora: la cultura hacker teorizza la libertà e la gratuità della diffusione informazioni a tutti proprio come strumento “per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”, così come dice la nostra bella Costituzione che, nonostante alcuni dicano il contrario, è talmente ben fatta che è sempre attualissima.
Far diventare veramente accessibile a tutti tutta la conoscenza disponibile fa diventare tutti veramente liberi.
Invece è dal capitalismo della cultura che nasce la non conoscenza delle cose ed una diminuzione della cultura. Pensate che bello se solo chi ha soldi potesse diffondere cultura, la sua ovviamente.
E che sia chiaro non parlo di capitalismo nel produrre la cultura, ma di quello nella diffusione.
Come avete detto sono argomenti immensi e li finisco qui, evito di parlare di altro, butto però sul piatto un’ultima cosa, un modello di business per il giornalismo:
un buon giornale dovrebbe “regalare” la narrazione dei fatti al pubblico e “farsi pagare” per il valore aggiunto fornito, ovvero i ragionamenti, le spiegazioni dei fatti ed i collegamenti con altri fatti. Se pensate di sopravvivere o addirittura di fare guadagni prendendo in giro le foto, beh siete sulla strada della fine.
Mi sono permesso questo lungo sfogo perché voglio considerarmi come un caro amico che vi sbrocca perché vi vuole bene e spera sempre che l’amico che cade si rialzi subito.
PS
Chiedo venia a mante per aver abusato del suo spazio
Dicembre 22nd, 2010 at 01:59
Più che “un salto in alto” una lunga arrampicata sugli specchi. A Smargiassi l’onere di difendere questa indifendibile politica.
Dicembre 22nd, 2010 at 02:10
Cmq non mi pare che CC significhi “la usa chi ne ha voglia e come ne hai voglia” ma spesso richiede lo “share-alike” ossia che la stessa licenza sia applicata al prodotto che usa il nostro contenuto CC.
Quindi, quando repubblica.it metterà i suoi contenuti in CC allora potrà usare tranquillamente i nostri contenuti CC.
Dicembre 22nd, 2010 at 02:23
Grazie per il lucido post che denuncia, mettendo a nudo, una pratica che sopratutto repubblica.it persegue con pervicacia sin dal suo esordio nel web. La fluidità è menzionata dal giornalista a sproposito, dato che esistono ormai metodi di incorporamento dei contenuti che salvaguardano gli autori ed assicurano allo stesso tempo il “diritto di cronaca”. In tutti questi anni repubblica ha dimostrato la più classica e provinciale delle paure: se inserisco un link nell’articolo il visitatore esce dal mio sito. E questo modo di fare si é adeguato a un web sempre più ricco di contenuti. Dalla omissione del link alla appropriazione di video e foto il passo é breve: perché incorporare un video o una foto utilizzando le piattaforme che gli autori consentono per una lecita condivisione quando posso creare una mia photogallery con tanto di introiti pubblicitari?
Dicembre 22nd, 2010 at 08:05
A questo punto si potrebbe assumenre che ci sia un implicito permesso a riutilizzare liberamente i contenuti del sito di Repubblica
Dicembre 22nd, 2010 at 08:54
Buongiorno Michele,
grazie del commento. Si, la sensazione mia (e dei molti che ieri mi hanno segnalato via mail il tuo post) è quella di un contributo che non aiuti la composizione di un tema che si trascina da anni nella assoluta noncuranza del mondo editoriale. Spero che questa discussione che ne è seguita sia invece in qualche misura utile.
Saluti
Dicembre 22nd, 2010 at 08:58
confermo anche io: dopo la lettura dell’articolo l’unica opinione che mi sono fatto è che se stanno così le cose allora evidentemente anche l’informazione online sarà sempre gratuita (repubblica.it e soci) e ci si potrà sempre e comunque attingere a mani piene
non tutti i mali vengono per nuocere insomma
Dicembre 22nd, 2010 at 09:17
Credo che l’articolo, ma sarebbe meglio definirlo “arrampicata sugli specchi” sia l’ennesima riprova che anche i giornalisti e i giornali sono oramai una casta autoreferenziale convinta di poter giocare con le regole a proprio piacimento. Prendere roba altrui a sbafo per farci business quando poi invece si riempino le proprie pagine web di richiami alla riservatezza dei diritti ha molti punti in comune con quel ministro che da’ consulenze a parenti e affini giustificandole con motivi umanitari. Si chiama ipocrisia, punto e basta.
Tra l’altro, giusto per stare in tema, parliamo di un giornale che listava a lutto la testata a causa del decreto sulle intercettazioni ma che poi trova normale che gli USA cerchino di ingabbiare Assange reo di aver divulgato materiale riservato.
Se pero’ le mie valutazioni sono malevole e frutto di un fraintendimento, prego Smargiassi di rassicurami. Dopo di che sara’ mia cura raccattare in metro’ ogni giorno una copia di Repubblica abbandonata ( piu’ fluida di cosi’!) , scannerizzarla e pubblicarla gratuitamente su Internet.
Dicembre 22nd, 2010 at 09:40
Caro Massimo, sai che lotto da anni su questa cosa con particolare attenzione al discorso video.
Ho più volte fatto notare come La Stampa da quando è arrivato Calabresi ha cominciato ad embeddare i video direttamente da Youtube (evidentemente non è una cosa così difficile).
Il fatto è che non si tratta di un piacere o di un riconoscimento omaggio.
Ci sono regole ben precise per quanto riguarda il copyright così come per il Creative Commons, quindi ogni volta che viene utilizzato un nostro video/foto illegalmente i colpevoli sono perseguibili per legge.
Esemplare il caso capitato a Luca Sartoni ancora con La stampa e per fortuna conclusosi nel igliore dei modi
http://www.lucasartoni.com/filosofia/chiedere-promettere-sbagliare-compensare-la-stampa-e-la-mia-foto
Dicembre 22nd, 2010 at 09:45
Il problema è molto più ampio.
Non solo è curioso che uno attinga dai contenuti “fluidi” e poi ci metta il proprio copyright, che è il problema minore e forse nemmeno un problema.
È molto più curioso che attinga da fonti che non capisce, traduca a senso brani eterogenei senza comprenderli nemmeno superficialmente, li collazioni in forme grottesche finendo per sentenziare su argomenti dei quali non si è nemmeno peritato di leggere l’introduzione di un bignamino.
Alla fine di questo processo, il copyright è anche corretto; in fondo è un’assunzione di responsabilità.
http://edue.wordpress.com/category/repubblicate/
Dicembre 22nd, 2010 at 10:04
Se una buona volta si uscisse dalle generalizzazioni (tutti i giornalisti fanno questo, tutti i blogger fanno quest’altro…) e quindi dalle guerre di categoria, sarebbe ora di creare un ‘patto di fluidità’ che stabilisca alcuni principi di reciprocità e correttezza tra tutti coloro che vi aderiscono, siano blogger, giornalisti, broadcaster, piattaforme di condivisione o passanti per caso. Dentro questo patto si rispettano le regole condivise (sì, lo so, c’è CC, ma ormai è chiaro che serve altro, sennò tutti i giorni mi sento rompere le palle da giornalisti che si lamentano dei blogger ‘ladri’ e viceversa).
Ps Logico, hai mai preso uno stralcio di un giornale ripubblicandolo su Fb? La tua ‘logica’ lo considererebbe gravissimo…
Dicembre 22nd, 2010 at 10:13
Ecco Alessandro, il tuo pensiero mi interessa particolarmente visto che sei tra quelli che rivestono il doppio ruolo.
Pensi che le regole che già ci sono non siano sufficienti? Non basterebbe attenersi a quelle?
Per inciso… io dai giornali non ho mai preso stralci, al limite ho linkato l’articolo… proprio perchè interessandomi al problema cerco di essere a mia volta il più corretto possibile (così a memoria direi che massimo si comporta allo stesso modo…)
Dicembre 22nd, 2010 at 10:32
Allora perché l’accesso a Repubblica da iPhone non è altrettanto fluido?
Dicembre 22nd, 2010 at 11:21
[…] inviato un commento al post dell’ottimo Massimo Mantellini che sul suo blog, insieme ad altri interventi, in maniera molto più concisa del giornalista di […]
Dicembre 22nd, 2010 at 11:31
<> ” Republica” la fama se l’è fatta e pensa di poter fare e pubblicare quasiasi cosa che torni di suo conto.
Dicembre 22nd, 2010 at 11:32
Dal mio commento precedente è stato tagliato il detto napoletano
“Fatte ‘nà fama e và scazzando e cchiese!!!”
Dicembre 22nd, 2010 at 13:16
@Alessandro.
Il record di visite sul mio blog l’ho avuto un giorno che hai linkato un mio pezzetto su Fini sul tuo blog @ Repubblica.it.
Dunque io non mi sognerei mai di generalizzare; mi pari una persona corretta, almeno per quanto posso aver sperimentato personalmente.
Ed infatti sto circostanziando, sono anni che sto circostanziando.
Ammesso che la cosa mi appassioni, invero non poco essendo stato un utilizzatore della FDL da almeno 10 anni in qua, mi permetto di sottolineare come il problema in discussione abbia due facce.
1) Espresso non pubblica i suoi siti per beneficenza, li pubblica come tela sulla quale appende una considerevole quantità di pubblicità.
Come tutti quelli che veicolano pubblicità, ha una forte ritrosia a linkare le fonti da cui attinge, perché quei link, come tutti i link da Berners Lee in poi, portano fuori dal sito originario e quindi fuori dal contesto produttivo in termini di pubblicità e fatturato.
Non solo quanto sopra è ovvio, ma è persino giusto dal punto di vista dell’editore.
Dell’editore.
Ma se è il contenuto e non il contenitore a spingere il visitatore verso quei siti, se il contenuto è preso fluidamente da terzi e viene contornato da pubblicità, allora è ovvio e giusto che uno finisca col credere che l’editore s’ingrassi le chiappe indebitamente.
Sono d’accordo con te quando dici che bisogna andare oltre, quindi, perché questa situazione è un inevitabile muro contro muro.
2) Proposte?
Per poter girare attorno al muro, servono proposte; da ambo le parti.
Da parte vostra (non tua personale, da parte dell’editore) la proposta è articolata in due punti. Uno, pragmatico e ben sintetizzato da Smargiassi, che dice che l’editore prende quel che c’è, brandizza e rivende (e quelli che non vogliono possono non mettere in rete. Oh). Un secondo è quello dell’editore stesso che dice che siccome la gente usa le ADSL per fruire dei giornali online allora una quota del guadagno dei gestori di telefonia va girata agli editori.
Ora, da parte mia e senza delega né procura di terzi, devo osservare che al primo punto può essere ribattuto che l’editore utilizza la rete per procurarsi i contenuti, che attorno a questi mette pubblicità e ricava guadagni e quindi di fatto sfrutta infrastrutture e creatività altrui per fini commerciali. Al secondo punto, in base a quanto sopra, andrebbe risposto imponendo il TSO.
Quindi, sempre parlando per me, mi va benissimo un link e/o un credito, che potrei arrivare ad accettare anche come link testuale non attivo.
Mi va bene anche un modello a citazione e riferimento in calce, in modo che il link di cui sopra sia “scomodo” e quindi non sottragga troppa permanenza al sito pubblicitario.
E mi va bene anche nulla.
Perché come ho avuto modo di argomentare più volte, finire citato a sproposito da gente che non capisce quello che cita, e colleziona maldestramente copia e incolla, col rischio di passare come ignorante di ritorno (in termini informatici di backtrack), potrebbe essere una perdita grave.
Specie se uno produce contenuti per passione e non per soldi, spenderci va bene, perderci sarebbe davvero troppo.
* * *
Faccio un esempio, in calce e senza scopo di lucro:
http://www.roam.it/arph/lang/clan/sema/sema.html
http://www.roam.it/arph/lang/clan/punt/punt.html
Sono due articoletti molto citati (almeno lo erano) ma quasi per nulla linkati.
Vedendo il modo in cui sono stati citati (basta cercare dei brani su un motore di ricerca), devo dire che il fatto che non siano riconosciuti i relativi crediti non mi spiace affatto. Ma un paragrafo intero è finito in una lezione universitaria; qui forse almeno un link al dominio, senza il percorso specifico male non ci stava, no?
Avrò fatto bene ad incazzarmi con l’esimio?!
Dicembre 22nd, 2010 at 13:19
Un elemento di discussione: per le foto (o video) che i giornali prendono con il tasto destro del mouse, è possibile un controllo sulla fonte?
Dicembre 22nd, 2010 at 14:11
@mORA
intanto grazie per le tue cortesi parole. Non riesco qui, in poche righe, nemmeno ad accennare ai pensieri sparsi e non sistematici che ho sulla questione scivolosissima del modello di business dell’editoria elettronica, ma posso dire che la battaglia culturale per spiegare in giro (=ai colleghi) il principio del link esterno ha fatto un po’ di passi avanti negli ultimi anni, se non altro perché il tempo ha dimostrato la validità statistica del sacro assioma: “se vuoi che tornino (sul tuo sito), mandali via”.
@soloparolesparse
più che di regole, c’è bisogno secondo me di una sorta di gentlemen agreement: che riguardi appunto i link e le citazioni, magari anche il rimando all’«opera» originale se si fa mash up e così via. Al momento invece abbiamo molti giornalisti che considerano ‘ladri’ tutti coloro che in giro per il web condividono e ricontestualizzano i loro contenuti e molti non giornalisti che condividono e ricontestualizzano a piacimento testi, immagini e musica ma che si incazzano con i giornali se a farlo sono loro con quel che trovano nei blog o su Facebook.
Così non si va da nessuna parte.
Insomma, c’è prima di tutto un problema di zucca, as usual.
@massimo
scusami ma secondo me sbagli anche tu a generalizzare parlando di ‘noncuranza del mondo editoriale’. C’è chi se ne cura e chi no. Come in ogni categoria e fetta di società.
Infine, @tutti o quasi: attenzione anche al porre le questione del ‘farci business’ come elemento dirimente. I giornali ci fanno business diretto (o almeno, gli piacerebbe) ma ci sono infiniti altri soggetti non editoriali che ci fanno business indiretti, spesso assai più ‘remunerativi’: privati che riempendo di contenuti altrui il loro sito-blog-pagina Fb promuovono la loro immagine professionale, politici che promuovono il loro consenso, associazioni con fior di stipendiati che promuovono il loro brand e la loro visibilità etc. Insomma, è questione un po’ più complessa e anche per questo le famose licenze CC mi paiono un po’ obsolete in questo senso.
Dicembre 22nd, 2010 at 14:26
Vorrei rispondere a tutti, perché come avrete notato io sono uno che non rinuncia mai a una bella discussione, perfino con gli scortesi; ma sono già sovrastato dai commenti sul mio blog. Se qualcuno di voi è interessato, lo aspetto lì. Grazie epr l’attenzione
Michele Smargiassi
Dicembre 22nd, 2010 at 16:12
Link…
Che poi uno vede il video su repubblica.it di Bob Kennedy e dice: però, questi di Repubblica se sono bravi. E cioè: a proposito di Gasparri e dei suoi arresti preventivi si sono ricordati del precedente americano. Ma alla fine poi si s…
Dicembre 22nd, 2010 at 16:38
Ricordo a chi ha timore nel citare materiali coperti da copyright che esiste il:
Diritto di corta citazione
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Il diritto di citazione (o diritto di corta citazione) è un diritto dell’individuo che si contrappone al diritto dell’autore. Infatti, sebbene ne detenga i diritti morali inalienabili, in un certo numero di circostanze un autore non può opporsi alla pubblicazione di un estratto della propria opera, proprio per non ledere l’altrui diritto di citarla.
Il diritto di citazione assume connotazioni diverse a seconda delle legislazioni nazionali.
il problema poi non è citare, perchè sarebbe già grassa se Repubblica e altri citassero, si parla di appropriarsi di materiali e pubblicarli come se fossero propri
a me le argomentazioni di Smargiassi hanno ricordato un titolo “Concetti fluidi e analogie creative”, che però parla d’altro
Dicembre 22nd, 2010 at 16:41
p.s. mi sembrava di aver letto questo pezzo su IlPost, ma in archivio non c’è. mi sono confuso io?
Dicembre 22nd, 2010 at 19:00
sì, mi son confuso io :D
Dicembre 22nd, 2010 at 19:34
boh, guarda’mpo’ qua:
http://www.guardian.co.uk/sport/blog/2010/jul/02/joy-six-world-cup-refereeing-controversies
una vergogna! inglesi arretrati, che ignorano il fluidismo e linkano tranquilli youtube!
che si fa, si manda smargiasso a fluidificarli?
Dicembre 22nd, 2010 at 19:34
Saltato Skype da 2 ore!!! Si salvi chi può…..
Dicembre 22nd, 2010 at 20:08
@alessandro: negli altri esempi che fai tu, gli altri soggetti ci guadagnano in termini di fama. E quindi la citazione del lavoro altrui può essere vista come un ripagare con la stessa moneta. Guadagnerò pecore = ti pagherò in pecore; guadagnerò in fama = ti ripago in fama.
E infatti in casi come questi, se la citazione è corretta (citazione parziale di un testo, link alla fonte e simili) non si incazza nessuno (mentre se copi e basta senza citare ci si incazza eccome, non è mica vero che oggetto di indignazione sono solo i giornali).
Repubblica invece guadagna denaro usufruendo delle fatiche altrui, e non solo non paga con la stessa moneta, ma non paga nemmeno in fama, se non quando glie lo fanno notare, cosa che comunque comporta un intervento solo sul caso singolo e non un cambio generale di costumi.
E’ per questo, credo, che si fanno dei distinguo e che il comportamento di Repubblica e similari viene stigmatizzato.
Dicembre 22nd, 2010 at 21:27
Vorrei rispondere a tutti, perché come avrete notato io sono uno che non rinuncia mai a una bella discussione, perfino con gli scortesi; ma sono già sovrastato dai commenti sul mio blog. Se qualcuno di voi è interessato, lo aspetto lì. Grazie epr l’attenzione
Michele Smargiassi
Pensa che ti avevo scritto qua proprio perché non mi avevi risposto sul tuo “blog”.
Dicembre 23rd, 2010 at 00:38
[…] la rete purtroppo funzionano proprio così. Non che sia giusto, ovviamente. In queste ore ho letto tante opinioni sull’argomento (il post su Fotocrazia ha superato i 500 commenti) ma credo che la […]
Dicembre 23rd, 2010 at 11:45
[…] Se avete voglia di leggervi il lungo intervento di Smargiassi troverete tante spiegazioni, alcune anche condivisibili. Ma il vero problema resta, come ha giustamente sintetizzato Massimo Mantellini su Manteblog: […]
Dicembre 23rd, 2010 at 12:19
[…] questi giorni da Massimo MANTELLINI si parla1 di un post di Michele SMARGIASSI2 in merito al diritto di prendere contenuti dalla rete, per il […]
Dicembre 25th, 2010 at 11:02
@Alessandro: mi chiedi se ho mai pubblicato su FB un articolo di giornale. Ti rispondo no.
Ho talvolta riportato “stralci” di articoli, citando e linkando la fonte, allo scopo di discuterne il contentuto, effettuando cioè una citazione corta, e mai in nessun caso nessuno ha pensato che avessi scritto io, ciò che era opera altrui!!!
Dicembre 29th, 2010 at 14:07
[…] […]