C’è questa cosa abbastanza comica di un editor di Bompiani, tal Luigi Orlotti che ha raccontato al mondo oggi di essere riuscito a togliere i DRM dai libri elettronici in vendita in molte piattaforme distributive italiane. Un vero hacker, quindi, non c’è che dire. Peccato se ne parli da giorni, che i tool di estrazione del DRM di Adobe li abbiamo visti un po’ tutti e che anche Il Post ne avesse scritto settimana scorsa.

LA CLAMOROSA DENUNCIA “DALL’INTERNO”/ L’editoria sugli e-book rischia grosso. Proprio come è accaduto negli anni scorsi alla discografia, finita sotto l’assalto dei “pirati”. Luigi Orlotti, 31 anni (editor della Bompiani), ci tiene a dire che la sua è una denuncia a titolo personale: “Sono riuscito a decriptare i file EPUB acquistati su Bol.com, Bookrepublic e Telecom (Biblet.it) che si basano sul DRM di Adobe. Per ovvie ragioni non posso divulgare le informazioni e ho già naturalmente avvertito Adobe della falla”.

8 commenti a “Un hacker a Bompiani”

  1. ciro dice:

    beh al mondo..
    ad Affari Italiani :)

  2. Camillo Miller dice:

    ma LOL

  3. Marco dice:

    Max Uggeri has a private feed.

  4. nicola dice:

    Ma secondo te ci sono o ci fanno?

  5. Luigi Orlotti dice:

    Gentile Mantellini,
    mi spiace che evidentemente non si sia colto il senso del mio messaggio che vuole mantenere viva l’attenzione sulla questione del diritto d’autore applicato agli ebook e non quello di un primato di hackeraggio, giustamente ridicolo anche perché se andiamo a ben vedere le istruzioni per decriptare i file ci sono in rete almeno dal 2009. Quindi semmai cerchiamo di ragionare sui modelli di business per ebook alternativi al DRM, perché la questione è solo questa. E anche qui non credo di essere né il primo, né l’unico, né l’ultimo a farsi queste domande. Vogliamo parlarne?
    Un saluto

    Luigi Orlotti

  6. paolo guglielmoni dice:

    Buongiorno a manteblog, che seguo con piacere da un bel po’.
    Intervengo nel thread in quanto primo a credere e sostenere nell’azione di luigi orlotti.
    Un’azione che non va considerata su un piano “hacker”, bensì su un piano culturale/editoriale.
    Da professionista della cultura e della comunicazione, ritengo cruciale sprovincializzare il geekdom e l’approccio.
    Senza alcuna pretesa di dire “siamo i primi ad averlo fatto”, che – ripeto – non è l’obiettivo. Piuttosto, con la pretesa – questa sì – di dire all’editoria e alla cultura che non tutti quelli che ci lavorano sono allineati al mediocre e al retrivo; e quindi cominciare un processo di critica dall’interno.
    Ecco, magari discutiamo su questo: ha senso una critica dall’interno?

    con stima e simpatia,
    paolo “advgeek” guglielmoni

  7. Massimo Mantellini dice:

    @Luigi Orlotti, per carità sono d’accordo. Sottolineavo solo il tono curiosamente euforico del comunicato. Personalmente non ho mai creduto che i problemi degli editori siano legati alla non comprensione delle dinamiche dell’innovazione, poi se esistono strumenti di maggior approfondimento dall’interno ben vengano.

  8. teresa dice:

    Secondo me Mantellini ha ragione, il tono del comunicato non solo dà adito al “curiosamente euforico”, che lui giustamente sottolineava, ma, in tutta franchezza, quel documento sembra il dispaccio edulcorato di uno poveretto che cerca di catturare su di sé le attenzioni della casa editrice.
    Aggiugerei, poi, che le redazioni editoriali dovrebbero pensare a fare più e meglio il proprio lavoro, che è già molta cosa, lasciando il business modelling a chi lo fa tutti i giorni e ha dimostrato nel tempo di saperlo fare. O forse si vuole sottoscrivere l’irriverente vulgata secondo la quale i “tecnici” non sanno cosa sia la cultura e le lettere?
    Saluti.