Le parole di Carlo De Benedetti impegnato a spiegarci il nuovo che avanza sono sempre piuttosto divertenti. Anche se sono sempre le stesse da tempo.


il motore di ricerca non può vivere da parassita. Google”, ha spiegato De Benedetti, “raccoglie 400 milioni di pubblicità senza fornire alcun prodotto, ma veicolando i nostri contenuti”. Insomma, ha proseguito, “non può continuare a trarre un profitto colossale dai nostri contenuti, è assurdo e non esiste”.

“Fanno soldi principalmente sui dati – ha spiegato il presidente – Noi, in sostanza, gli diamo il traffico e loro neanche dicono grazie. E dovrebbe essere un grazie sentito”.

Apple lo ha già fatto con iTunes, e noi siamo disponibili a discutere su un modello di sharing – ha continuato De Benedetti – Il concetto deve essere questo: non si può prendere e utilizzare una cosa e non pagarla”.



update: Carlo De Benedetti video intervistato al riguardo da Francois de Brabant per il convegno di Between a Capri.

15 commenti a “Ho scritto Carlo sulla palla”

  1. pasquino dice:

    Dichiarazione ridicola. Nulla da commentare. Imprenditori italiani.

  2. andrea61 dice:

    Penso a qui furbacchioni di Pagine Gialle o Delle pagine Kompass che fanno soldi stampando i nostri indirizzi. Vergogna, vergogna, vergogna.

    andrea

    P.S. in un paese normale, l’uomo che ha distrutto e spolpato la Olivetti avrebbe il divieto assoluto a parlare di qualsiasi argomento in qualche modo legato ai PC

  3. Gianluigi dice:

    Dai su andrea61, forse è una dichiarazione di principio, vedrai che domani proprio per dare il buon esempio il distruttore della Olivetti donerà tutto ai poveri e si ritirerà a vita privata su un eremo. Non credi?

  4. albertog dice:

    Espistemologico-semiologicamente in effetti si può dire che “i nostri contenuti” a cui fa riferimento De Benedetti siano contenuti di altri che i giornalisti selezionano e distribuiscono, sono le vite degli altri, sono giustamente come gli indirizzi delle Pagine Gialle. E’ il mercato che stabilisce il valore di questi contenuti. Se, come su un elenco del telefono, uno è anche disposto a pagare perché il proprio contenuto sia distribuito con più visibilità oppure se, come un produttore di stoffe, voglia essere pagato da chi di quelle stoffe farà dei modelli da sfilata. Non mette in discussione il valore aggiunto che gli darà Armani, ma pretende comunque di poter sopravvivere per il proprio lavoro. Nel caso delle notizie su Internet, abbiamo forse uno (De Benedetti, Murdoch) che dovrebbe essere contento che gli sia data visibilità e invece si sente come un produttore di stoffe che vuole essere pagato. Personalmente non riesco a capire chi abbia ragione e credo che la questione si risolverà semplicemente a braccio di ferro.

  5. Matteo dice:

    OpenSource, FileSharing, Libertà di pubblicazione, ecc.

    Ormai qui si è convinti di esser proprietari di tutto.. io mi chiedo perché il diritto d’autore, in campo musicale, debba essere uno strumento per far pagare la musica a chi la ascolta… voglio dire: dovrebbe essere uno strumento semplicemente per impedire ad altri di copiarti una canzone ed appropriarsi del diritto a dire che è una propria creazione! Stop..

    Un cantante dovrebbe guadagnare unicamente dai propri concerti e, anzi, proprio per questo dovrebbe uscire dallo studio ed andarli a fare!

    Questo ragionamento lo sposo con tantissime altre situazioni dove anziché evolvere la società verso un mondo in cui, condividendo e potendo usufruire a zero o poco costo i contenuti, qualsiasi persona avrebbe maggiori potenzialità di crescita ed a sua volta di creatività.

    Ed invece no, non c’è modo.. Un’economia che non ha aria cerca di sopravvivere e lucrare su “ogni cosa per cui la legge ti permette di guadagnarci sopra”.. e andiamo avanti così..

    di questo passo avremo anche sindaci che ti fan pagare il pedaggio per camminare sui marciapiedi..

  6. Piero dice:

    > “ha continuato De Benedetti – Il concetto deve essere questo: non si può prendere e utilizzare una cosa e non pagarla”.

    Questa frase di De Benedetti che riporti è psicologicamente e subdolamente deleteria, dal mio punto di vista, oltre che sbagliata. Introduce il concetto erroneo che “tutto si paga”. E’ un concetto ingannatore, ma tanto caro ai sostenitori della proprietà privata e ai più forti.

    Ma pagare a chi? Per rispondere occorre fare regredire il cervello ad uno stato primitivo e cavernicolo nel quale l’uomo della caverna vede una pianta di mele e se le mangia senza pagare niente a nessuno perché le mele sono lì a sua disposizione. Quindi, in questo caso, non c’è da pagare niente a nessuno.

    Ma se c’è un cavernicolo più forte o più furbo o più prepotente che abusivamente si accaparra tutte le mele in modo esclusivo e se le tiene senza condividerle, l’altro cavernicolo più ingenuo resta senza, finendo in una condizione di bisognoso di mele che, per non morire di fame, o fa la guerra a colpi di clava per riprendersi la sua parte di mele o “paga” le mele con qualcosa d’altro. In questo ultimo caso si paga la propria ingenuità o la propria debolezza avallando l’abuso di un prepotente più forte o più scaltro, abuso che si perpetua nel corso dei secoli. Non si pagano le mele, perché le mele sono a disposizione di tutti.

  7. gregorio dice:

    Ma l’anno scorso non si era ritirato in pensione lasciando il campo agli eredi? Pare di no..

  8. FabiuS dice:

    De Benedetti non dice che però Google fornisce anche una serie di servizi utili, senza i quali i suoi “contenuti” sarebbero praticamente irraggiungibili, quindi di valore prossimo allo zero. Google fornisce “visibilità” ai contenuti e secondo me non è poco, soprattutto se si tratta di contenuti commerciali a loro volta rimpinzati di pubblictà.

  9. vb (Vittorio Bertola) dice:

    Ma in un Paese dove metà della popolazione vive sfruttando parassiticamente l’altra metà come potete pretendere che un “imprenditore” possa capire la catena del valore delle ricerche su Internet?

  10. Fabrizio Brascugli dice:

    Il giocattolo gli sta rompendo. Nessuno sarebbe stato in grado di mettere in crisi definitiva l’editoria tradizionale con metodi tradizionali. C’è voluta internet che tutti hanno guardato con sufficienza e superficialità finché non ha iniziato ha stritolargli gli affari, a insidiare la loro posizione di vantaggio in cui erano arroccati. I fatti accadono ogni giorno qualcuno che ne scrive da qualche parte si trova sempre. Che se ne vadano. Che scrivano e si leggano da soli. Come del resto sembra che facciano già. In rete ci sono persone di qualità in grado di sostituirli tranquillamente. Se ne trovano per ogni campo e non vedo il problema, anzi un problema c’è: la loro ostinata voglia di persistere, fino all’ultimo, uguali a loro stessi.

  11. fabio dice:

    ma quando quelli di google si siedono in riunione con elementi simili, come fanno a rimanere seri?

  12. ArgiaSbolenfi dice:

    Ricordiamoci che Repubblica nel giro di qualche mese ha ospitato due articoli pesantemente critici nei confronti di Google, sul tema della privacy (articoli, secondo me, superficiali e sensazionalistici).
    Chissà se c’è una strategia dietro a tutto questo.

  13. Pier Luigi Tolardo dice:

    Se Google consultato continuamente da tutti i giornalisti italiani, se Wikipedia copiata in continuazione, se tutti i blog, i video di Youtube, Facebook, Twitter senza i quali non si capisce come potrebbero più scrivere i giornalisti italiani che li citano in continuazione facessero pagare i loro contenuti ai giornali di De Benedetti allora sì che fallirebbe e, forse,finalmente non lo sentiremmo più sproloquiare.

  14. Daniele Minotti dice:

    @ Pier
    +++
    :-)

  15. Pietro Bonanno dice:

    De Benedetti potrebbe allora dire ai suoi di fare ciò che Google ha già detto e ripetuto: togliere le proprie pubblicazioni dal motore di ricerca.
    Forse lo farebbe, se si potesse inventare una qualche forma di sussidio statale per “la valorizzazione delle risorse nazionali”.