Domani e dopodomani a quanto pare il Corriere della Sera non sarà in edicola. Sciopera contro il suo direttore che vorrebbe metter mano ad alcune cosucce:
«Non è più accettabile – scrive – che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione», ma anche «non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l’edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti. Non è più accettabile l’atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l’affermazione e il successo della web tv. Non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l’edizione I pad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere della Sera. Non è più accettabile la riluttanza con la quale si accolgono programmi di formazione alle nuove tecnologie. Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi. Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa di una professione che ogni giorno fa le pulci, e giustamente, alle inefficienze e alle inadeguatezze di tutto il resto del mondo dell’impresa e del lavoro».
update: la risposta del Cdr a De Bortoli.
(Ansa, via Paolo Ferrandi su FF)
Settembre 30th, 2010 at 20:52
sono ragionevolmente convinto che il plurale di cosuccia sia “cosucce” e non “cosuccie”… sbaglio?
Settembre 30th, 2010 at 20:54
Tutti i torti non li ha. Che ne dici Massimo?
Settembre 30th, 2010 at 20:56
@andrea, bisognebbe sentire anche l’altra campana, messa cosi’ direi che di torti FdB ne ha pochissimi
@orangegeek, grazie!
Settembre 30th, 2010 at 20:58
[…] […]
Settembre 30th, 2010 at 21:00
Vero. Mi piacerebbe sapere se qualcuno, o tutti insieme, decideranno di replicare da qualche parte.
Settembre 30th, 2010 at 21:07
figurati, ma colpito l’occhio… orangeek comunque. :)
Se quello che scrive Fdb è vero, sembrerebbe conferma di un approccio che spesso i “dipendenti” hanno nei confronti dell’azienda: non è importante il fare bene ma solo la difesa dello status quo.
“ma come? devo scrivere per la testata su carta E online?? su ipad pure? e perchè non dovrei avere adeguamenti di stipendio??”
idem per i corsi di formazione e per le “novità”, considerando “novità” aspetti e soluzioni che da altre parti sono la normalità.
Che siano impiegati di contabilità, insegnanti o operai, poco cambia. O giornalisti “che ogni giorno provano a fare le pulci” a tutti.
Settembre 30th, 2010 at 21:18
“ma colpito l’occhio” come in “ma mi ha colpito l’occhio” :)
Settembre 30th, 2010 at 21:41
A me sembra che il problema non sia tanto l’azienda, la corporazione, l’anziano o il direttore. Il problema è l’approccio dell’Italia tutta nei confronti di ciò che è nuovo e futuribile. Questi manco se ne accorgono di essere conservatori e corporativi. Non gliene si può nemmeno fare una colpa. Per loro è normale.
Una vera rivoluzione in Italia la potremo avere solo tra minimo 20 anni anni, quando quasi tutti quelli che ora hanno dai 50 anni in su, e che allo stesso tempo si trovano in posti decisivi per lo sviluppo, saranno morti o saranno in pensione. Lo so che detta così è cruda, ma credo che, più o meno, le cose stiano così.
Settembre 30th, 2010 at 22:33
fermo restando che (molti) giornalisti italiani farebbero meglio a dare un’occhiata da vicino al mondo del lavoro invece di starsene sul pero a pontificare e guadagnare un mucchio di soldi, c’è qualcosa di poco chiaro in tutto questo: un direttore che scrive una una lettera del genere sa perfettamente che succederà qualcosa e *vuole* provocare una reazione, probabilmente proprio uno sciopero.
ma perché? forse perché anche il corriere, come gli altri quotidiani italiani, subisce la crisi e le vendite non vanno bene? e allora cosa c’è di meglio che far scoppiare il casino per poi dare la colpa ai giornalisti che non collaborano?
Settembre 30th, 2010 at 23:26
Sul sito del corriere c’e’ anche la lettera del comitato di redazione, ma francamente mi sembra un po’ deboluccia. Si menziona ‘minacce alla libertà’ e ‘indipendenza dell’informazione’ senza circostanziare in alcun modo questo pericolo.
Ottobre 1st, 2010 at 00:59
il Corrierone sciopera…
«Non è più accettabile – scrive – che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso…
Ottobre 1st, 2010 at 07:57
>>…quando quasi tutti quelli che ora hanno dai 50 anni in su, e che allo stesso tempo si trovano in posti decisivi per lo sviluppo, saranno morti o saranno in pensione
Tra 20 anni sarà esattamente la stessa cosa, i 50enni ovviamente si comporteranno da 50enni, da buoni corporativi e conservatori difenderanno posizione e privilegi acquisiti.
E’ sempre stato così.
Ottobre 1st, 2010 at 08:52
Adesso il metodo-Pomigliano va bene per i giornalisti?
Ottobre 1st, 2010 at 09:01
Al di là delle ragioni dell’uno o dell’altro, questa citazione di De Bortoli testimonia del fatto che “parte della redazione non lavori per il web”, del “atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l’affermazione e il successo della web tv” e che “l’edizione I pad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere della Sera”. Da tenerne conto quando si fanno le pulci alle edizioni on-line dei quotidiani maggiori come se fossero composte dagli stessi esperti professionisti della cartacea.
Ottobre 1st, 2010 at 09:07
Ho sempre avuto moltissima stima per De Bortoli, per il suo equilibrio e la sua indipendenza e continuerò ad averla.
De Bortoli è De Bortoli perchè è cresciuto alla scuola del Corriere della Sera di cui è sempre stato un giornalista tranne l’esilio a cui lo aveva condannato un diktat berlusconiano, per cui mi viene difficile credere che tutti i torti siano dalla parte di altri giornalisti del Corrierone come lui.
La chiave di lettura è lo “stato di crisi”, cioè la ristrutturazione con pesanti tagli agli organici che viene portata avanti da RCS e crea resistenze anche di fronte alle doverose novità tecnologiche ed organizzative. Sembra banale ma auspico che ritorni il dialogo ed una vera trattativa.
Ottobre 1st, 2010 at 09:08
Sono giornalista, vecchio del mestiere e ho sempre osservato i colleghi del Corriere come dei marziani.
L’azienda è bloccata dagli interessi contrastanti dei 16 editori-proprietari, da Della Valle a Ligresti a Elkan, quello bravo, e non vengono fatti investimenti.
Stanno per vendere i periodici, hanno il Corriere.it che funziona e i redattori della carta guardano con distacco questo giornale più agile e moderno.
Il Corriere è un ministero, io che ho collaborato per alcuni anni, davo il mio pezzo a un usciere perché così prevedeva l’accordo sindacale per non licenziare o destinare ad altro lavoro gli uscieri al piano.
20 anni dopo tutto continua uguale, questa volta è l’iPad, la volta prossima sarà un cavillo del contratto.
Ottobre 1st, 2010 at 09:15
[…] […]
Ottobre 1st, 2010 at 09:40
Il problema è il problema di fondo nei giornali italiani e non solo.
Occorre il coraggio di dire: ok la carta va a morire e occorre riconvertirsi in fretta. Mentre i giornalisti della carta stampata temono di perdere i loro storici privilegi. Meno male che il Corriere porta in pubblico questa empasse
In ogni è ottima la civilta professionale del Corriere che discute pubblicamente dei suoi problemi, in altre realta certi problemi vengono discussi in segreto in segrete stanze, dimenticando che i giornali sono “soggetti pubblici”
Ottobre 1st, 2010 at 10:17
Secondo me ognuno dei due ha le sue ragioni, e, purtroppo per loro e per fortuna per Luca e il Post -e tutti quelli che come lui partono con cose nuove- nessuno dei due avrà quello che vuole
Ottobre 1st, 2010 at 10:39
Secondo me De Bortoli ha ragione da vendere e le sue affermazioni sono molto precise mentre le risposte del CdR sono piuttosto vaghe.
Mi ha colpito la lucidità di FDB ed è la prima volta che leggiamo della riorganizzazione di un giornale italiano. Sempre a citare i vari casi americani…
Massimo, penso che un bell’approfondimento non ci starebbe male
Ottobre 1st, 2010 at 11:10
Ci siamo dimenticati le battaglie sindacali dei giornalisti contro l’introduzione dei computer e per la difesa delle linotype ?
Ottobre 1st, 2010 at 14:54
ma appare così strano che uno per fare del lavoro in più (perché di questo si tratta) voglia avere dei soldi in più?
Ottobre 1st, 2010 at 15:58
Certo che è strano! La Nuova Economia Flessibile della Conoscenza e dell’Informazione prevede esattamente questo: lavorare di più con meno stipendio. Accade dappertutto, non si capisce perchè non dovrebbe toccare anche i giornalisti.
Chi non ci sta verrà licenziato e sostituito con dei giovanotti creativi che lavorino gratis mantenendosi con le mance e gli sponsor.
Ottobre 1st, 2010 at 16:48
I giornalisti del Corriere della Sera scrivono articoli a favore della flessibilità, del modello Pomigliano, del mondo che è cambiato e bisogna adeguarsi. Quando il cambiamento bussa alla loro porta, i giornalisti del corriere si rendono conto che forse questo non è tanto bello e che dire che gli operai devono fare turni più lunghi è molto più facile lavorare anch’essi di più.
Ottobre 1st, 2010 at 17:02
@emanuele, secondo me dalla lettera di FdB parrebbe di capire che oltre ad una questione quantitativa (sulla quale concordo con te anche se tutti oggi lavorano in piu’ per meno, ovunque) ce ne sia una qualitativa (voglio fare solo il lavoro che piace a me)
Ottobre 1st, 2010 at 17:44
Due cosette:
1) Al Corriere piace il metodo Marchionne, stando a quanto se ne legge. Verrebbe da parafrasare un detto siciliano secondo cui “A minchia nto culu i lavutri è sempre un fil’i pagghia”.
2) A Il Fatto Quotidiano (piaccia o meno) tutti scrivono per tutto, carta e web.
Ottobre 1st, 2010 at 18:26
mi piace il detto siciliano, ma gradirei una traduzione
(fino a “nto culo” ci arrivo, poi no :)
Ottobre 1st, 2010 at 19:11
… degli altri è sempre un filo di paglia.
Ottobre 1st, 2010 at 19:28
bello. bello davvero :)
Ottobre 1st, 2010 at 19:39
E’ la stampa bellezza, è la stampa… e tu non puoi farci nulla!
Ottobre 1st, 2010 at 20:16
A me pare che la vicenda sintetizzi lo stato del sistema-Italia: questi qui sono già morti, solo che non se ne sono ancora accorti.
Ottobre 1st, 2010 at 21:29
non solo il sistema-italia: proprio l’italia.
Ottobre 2nd, 2010 at 03:06
una schifosa casta. e i sindacati sono una piaga per la mia generazione. e resta il fatto che io, che scrivo da più 5 anni per diverse riviste, non sia ancora riuscito ad avere neanche il titolo di pubblicista del c…
Ottobre 2nd, 2010 at 09:38
Comunque, stilisticamente, quello di De Bortoli è un appello demagogico al ‘popolo del Web’ nel suo linguaggio. E’ noto che gli ‘internauti’ quando sentono parlare di ‘cambiamento’, specie se ‘inevitabile’ non capiscono più niente. Un appello come quello di De Bortoli – tutti sono nella m****, perchè voi no? – risuona fortemente nell’anima ‘egualitaria’ di quanti seguono la vita dal computer dell’ufficio. La base dell’informazione è la pubblicità e visto che le notizie nel nuovo ‘media landscape’ non si possono far pagare abbiamo bisogno di più pubblicità con tutti i vincoli che la cosa comporta: o così o pomì.
E se la cosa non vi entusiasma, ehi, guarda, una ‘twitter revolution’ in un paese oppresso del Terzo Mondo! Che cosa meravigliosa sono le nuove tecnologie digitali! One world, one language, one corporation!
Ottobre 2nd, 2010 at 12:16
Sai Sascha che non ti seguo? L’appello di De Bortoli è un appello a comprare più pubblicità? davvero?
Ottobre 2nd, 2010 at 12:21
No, l’appello di De Bortoli è a lavorare di più per la stessa paga (o meno).
Poichè con l’eclisse della carta sarà sempre più impossibile far pagare le notizie e che l’unica fonte di reddito dei giornali online(o ‘news aggregator’) rimarrà la pubblicità gli organi di informazione devono rinnovarsi e adattarsi: già dipendevano dalla pubblicità prima, d’ora in poi molto di più.
(ci sarebbe un altra strada, non precisamente nuova ma che va radicalizzata e riorganizzata: chiunque ha interesse a far comparire una notizia deve pagare…)
Ottobre 2nd, 2010 at 12:53
Mi piacerebbe sapere perchè l’Arena su Ipad non si paga e il Corriere si! Così come la maggior parte delle testate giornalistiche nazionali!
Alla luce dello sfogo pubblicato in oggetto del post mi chiedo, ripeto, perchè il Corriere si paga e l’Arena no! Tra l’altro l’applicazione del quotidiano di Verona è molto stabile, ci sono funzioni più creative, semplici e ben fatte.
Ottobre 4th, 2010 at 09:39
Fino a quando gli interessi dell’azienda verranno percepiti come distinti rispetto a quelli dei lavoratori, ci sarà sempre uno scollamento tra quanto necessario per sopravvivere e crescere e quanto apparentemente dovuto in termini di sacrificio.
La chiave di lettura “mi chiedono di più quindi devo essere pagato di più” è piuttosto miope ma anche il riflesso di questa anomalia. Quando le aziende metteranno davvero il lavoratore al centro del processo produttivo, e non solo a parole, forse allora saranno i dipendenti stessi a cercare di capire come migliorare il prodotto.
Ottobre 4th, 2010 at 12:22
sì sì va bene tutto la flessibilità i giornalisti cattivi la morte dei giornali la nuova frontiera però continuo a pensare che il lavoro vada pagato. Grazie a Mantellini ho scoperto di essere comunista!
;-)