Contrappunti su Punto Informatico di domani.
Quando vado in giro a raccontare quanto sia bella Internet, mostro spesso questa immagine tratta da una ricerca di qualche anno fa:
Il significato è piuttosto intuitivo: fino ad un decennio fa l’informazione passava in grandissima parte attraverso la mediazione della stampa, da un certo momento in avanti lo scenario, grazie ad Internet, è mutato ed i cittadini, invece che bersaglio ultimo del messaggio editoriale, si sono ritrovati al centro di un grande universo informativo animato da molti soggetti differenti.
Siamo abituati a dare a questo cambiamento un valore positivo: le fonti informative si moltiplicano, dove un tempo c’erano “solo” radio, TV quotidiani e magazine ora c’è un pulviscolo disomogeneo costituito dai media ma anche da siti web, blog, social network e mille altre fonti. Con l’aumentare del numero di informazioni che possiamo padroneggiare aumenta anche la nostra capacità di essere informati e diventano fondamentali alcune pratiche di filtro editoriale che consentano di navigare dentro un numero così grande di informazioni.
Ripensavo a questa immagine in questi giorni nell’osservare cosa è accaduto a margine della tragedia della nave turca Mavi Marmara, assaltata dalla truppe israeliane nelle acque internazionali di fronte alla striscia di Gaza, una notizia di cui certamente avrete sentito parlare.
Ebbene chiunque abbia seguito i telegiornali o letto gli articoli sull’avvenimento si sarà reso conto che la grande maggioranza delle testimonianze audiovideo del blitz, i contenuti più interessanti per noi lettori, quelli che ci danno l’illusione di poterci rendere conto direttamente del contesto, sono stati prodotti dall’esercito israeliano. Si tratta di contenuti sofisticati, girati con telecamere ad infrarossi posizionate su navi ed elicotteri nel momento dell’attacco. Rifacendoci allo schema qui sopra l’esercito israeliano si propone a noi come fonte informativa, anche se, per ora, attraverso la mediazione neutrale dei giornali.
Qualche giorno fa ha destato le solite discussioni una frase di Steve Jobs pronunciata alla D8 Conference (http://allthingsd.com/d/) a riguardo della crisi editoriale e di cosa iPad possa fare per risolverla. La frase tradotta in italiano è questa:
“Non voglio che ci trasformiamo in una nazione di blogger. Una delle mie convinzioni più profonde è che la democrazia dipenda da una stampa libera e forte»
Non è difficile essere d’accordo, anche se la abusata contrapposizione fra stampa e blogger è più una semplificazione estrema che non una questione reale, ma la citazione della frase del gran capo di Apple oggi mi serve per far sedere anche Steve Jobs, insieme all’esercito israeliano, nella parte destra dello schemino iniziale: allo stato attuale le compagnie come Apple, se lo desiderano, hanno mille percorsi possibili per parlare direttamente con i propri clienti. Lo stesso accade per i sindacati, le associazioni o per i partiti politici.
Ci sono ottime possibilità che le cose sulla Mavi Marmara non siano andate esattamente come ci raccontano i filmati dell’esercito di Israele, non fosse altro per la conta finale dei morti, piuttosto impressiona la velocità con la quale i video prodotti abbiano raggiunto le case di ciascuno di noi. Internet oggi è esattamente questo, vince la velocità e la vividezza delle informazioni che si riesce a produrre, non necessariamente la verità che raccontano: siamo passati da un regime di scarsità informativa, mediato strettamente dalla stampa, ad uno di grande abbondanza nel quale i soggetti emettitori si moltiplicano senza che però sia chiara la loro autorevolezza.
Come si esce dall’impiccio? Come possiamo accedere ad una informazione migliore, per noi e per i nostri figli domani, appoggiandoci alla velocità ed alla larghezza della rete Internet? Gli eventi ci raccontano con chiarezza che c’è un prezzo da pagare. Steve Jobs ha solo parzialmente ragione: un giornalismo – non la stampa – libero e forte è fondamentale per la democrazia ma la nostra capacità di essere persone informate dipende oggi molto meno che in passato, dalla stampa e dalla qualità dei suoi contributi. Oggi la centralità del lettore (il “Me” del diagramma sopra) significa che i cittadini informati saranno quelli che troveranno tempi e modi per filtrare il diluvio informativo che li raggiunge ogni giorno. Raramente lo faranno personalmente. Dentro questo diluvio c’è ovviamente di tutto, compresi i filmati agli infrarossi dell’esercito israeliano. Dentro questo diluvio c’è anche la nuova funzione della stampa ai tempi di Internet di proporsi molto più come mediatore informativo e molto meno come produttore di notizie.
La grande maggioranza dei lettori ha bisogno, specialmente oggi, di un garante informativo, non di qualcuno che prenda i filmati dei soldati buoni e li metta rapidamente online. C’è ancora un legame saldo fra informazione e democrazia e si tratta di un patrimonio di tutti che va tutelato con ogni mezzo, Internet ci dice chiaramente che quello fra informazione e democrazia è un flusso a due direzioni fra molti differenti soggetti e ciascuno di noi. Il nuovo luogo di lavoro dei giornalisti probabilmente è da quelle parti.
Giugno 6th, 2010 at 12:58
Caro Mantellini, le sue sono interessanti osservazioni. Ritengo che debbano essere incluse in considerazioni più generali sulla “rumorosità” informativa e mentale proposta dai mass-media, come per esempio http://fluttuaedevia.blogspot.com/2010/06/contro-il-rumore.html.
Giugno 6th, 2010 at 21:54
Bravi
Giugno 7th, 2010 at 07:31
Sbagli. Il modello jobbiano e’ assolutamente centralistico e -verticale-. Basta vedere com’e’ strutturato iTunes/App Store. Controllo ferreo del canale unito al controllo ferreo dei contenuti. Altro che “me”.
Se vinci il Pulitzer pero’ dopo magari ti pubblica, eh.
Giugno 7th, 2010 at 09:26
Speravo dicessi garante *formativo*, non *informativo*. Solo educando il nostro cervello alla ricerca, all’analisi, alla sintesi, al confronto, a pensare, insomma, si può evitare che gli sciacalli dell’informazione abbiano la meglio. L’informazione dipenderà sempre più da noi e sempre meno da terzi. Sono forse un caso i tagli alle scuole?
Detto questo, sì, servirebbero delle persone più brave di altre a scremare le notizie. Si potrebbero anche chiamare giornalisti, volendo. E sarebbero molto utili. Ne vedo, però, pochissimi e sono ancora meno quelli bravi. Vedo male?
Giugno 7th, 2010 at 09:45
[…] Debenedetti e la sua singolare esperienza di giornalista.—————-Dove Mantellini ci racconta com’è stata e come potrebbe essere l’informazione […]
Giugno 7th, 2010 at 10:18
Forse è per questo che ha prodotto un oggetto che non è un pc e neanche un telefono. Con quella cifra si acquistano “signori” portatili. Si vuole seguire la strada dei media da passività? Se non totale almeno parziale. La questione più interessante si aprirebbe se dalle parti della mela avessero ragione. Ovvero se la maggior parte delle persone preferisse anche marginalmente un’informazione unilaterale al posto di una corale significherebbe gli essere umani non progredirebbero verso una capacità razionale e critica. Non che tale percorso possa essere assoluto o fatalistico, tutt’altro, ma se fosse lasciato solo a una minoranza si tratterebbe di un danno. Che il successo o meno dell’ I-Pod sia la cartina tornasole del futuro di questa misera specie su questo piccolo pianeta?
Giugno 7th, 2010 at 12:36
> “siamo passati da un regime di scarsità informativa, mediato strettamente dalla stampa, ad uno di grande abbondanza nel quale i soggetti emettitori si moltiplicano senza che però sia chiara la loro autorevolezza.”
Massimo, cosa vuol dire autorevolezza informativa? Una notizia data dal Capo di Stato è più autorevole di una notizia data da un blogger?
A me non interessa che l’informazione sia autorevole, ma che sia vera e non una bufala.
Lascerei stare il garante che ne abbiamo anche troppi e inutili a mio avviso e punterei sulla verità.che è poi sempre una sola e la portano i testimoni o chi proviene dai fatti.
Giugno 8th, 2010 at 15:10
Chiedo scusa, è un po’ che non mi faccio vedere da queste parti, ma devo dirlo: è quel che ho sempre pensato. In assenza (o declino) di una specifica organizzazione che si incarichi (a scopo di lucro, anche) di raccogliere e organizzare le notizie per distribuirle alla popolazione e funzionando perciò anche da filtro, cioè i media, qualcun’altro dovrà farlo e se la gratuità è considerata inderogabile allora si tratterà di organizzazioni che hanno interesse a fornire informazioni gratuite: governi, aziende, partiti, chiese, agenzie di pr e simili. I blogger avranno l’incontestabile diritto di commentare, cosa che può fare assolutamente chiunque, più o meno bene, mentre non è alla portata di tutti fornire notizie di interesse generale.
Insomma, il futuro dell’informazione è il ritorno del pubblico araldo con la tromba in mezzo alla piazza della città che informa il popolo del volere del Re o del Senato cittadino…
Giugno 8th, 2010 at 18:38
@Sasha, ehila’…;)
Giugno 8th, 2010 at 18:55
Sascha, riconoscibile dal nome e dal fatto che dice sempre le stesse cose…
Negli ultimi mesi sono riuscito a superare (non so ancora come) un trentennale blocco dello scrittore e sono a metà di un romanzo – quindi ho dovuto dare un taglio alla Rete, l’idrovora dell’attenzione…