21
Mag




Il mio articolo su Nova di ieri.

***

Già la parola non invita: “geolocalizzazione”. Ed il resto rischia di essere anche peggio. Lo si ripete da tempo ormai, un discreto spicchio di futuro della rete Internet passa attraverso l’accesso in mobilità. Qualche anno fa, ad una delle usuali domande sul futuro della rete dopo la sbronza del web 2.0, Danah Boyd, nota esperta americana, si disse convinta che il futuro di Internet dopo le persone sarebbe stato nei luoghi. Quando l’accesso si allontana dal cavo della ADSL ed esce nel mondo fuori, è evidente che i luoghi di transito e destinazione acquistano, anche in rete, una nuova inedita importanza. I viaggi virtuali, mutuati dal gergo della fine degli anni 90, diventano viaggi veri e propri, con Internet in tasca, collegati attraverso i fili invisibili del nostro terminale mobile.

Così in questi giorni osservando Foursquare, una piccola piattaforma curiosa e geniale a metà fra un social network dei luoghi, uno spazio di consigli per gli acquisti ed un ambito ludico, pensavo che la sfortuna della geolocalizzazione è che si presta ad essere uno strumento formidabile, ancor prima che per gli utenti della rete, ancor prima che per gli spioni di ogni genere, per quelle forme avanzate di marketing più o meno invasivo che i pubblicitari attendono da tempo.

Foursquare mixa con leggerezza le tante facce della geolocalizzazione: è una delle prime applicazioni internet di un certo successo che si interessano all’utente di prodotti e servizi nella sua veste di target mobile. Ed è anche un piccolo laboratorio di un fenomeno molto più grande che ci attende domani. A tal proposito si moltiplicano in questi giorni le indiscrezioni su “Places”, questo dovrebbe essere il nome del servizio di geolocalizzazione di Facebook atteso per le prossime settimane. In un istante 400 milioni di persone in tutto il mondo potranno segnalare la propria posizione fisica ai propri contatti di rete sociale e, probabilmente, non solo a loro.

L’aspetto ludico di Fourquare non è molto differente dai tanti esempi di marketing convenzionale che prevedono piccoli regali in cambio di informazioni. Diventiamo sindaco su Foursquare del negozio all’angolo segnalando la nostra presenza lì e domani il negoziante ci omaggerà in qualche maniera per la pubblicità accordatagli. Magari aggiungiamo un cenno alla qualità dei suoi prodotti, rendendo un servizio informativo alla nostra cerchia sociale in rete ma, ancora una volta, restiamo intrappolati in un rapporto azienda-consumatore che è forse ancora “a guadagno condiviso” ma che resta solo parzialmente sotto il nostro controllo ed è esposto a molte possibili adulterazioni. Vale la pena sottolineare come, sempre più spesso, opzioni informative che ormai la tecnologia consente e che potrebbero essere interamente gestite dagli utenti all’interno delle dinamiche spontanee del passaparola, vengano organizzate da intermediari come Foursquare (e da domani Facebook e molti altri). Nuovi mediatori che declinano la nostra indole di esseri sociali nella sola variante per loro interessante: quella di possibili amplificatori di messaggi pubblicitari.

Facebook in particolare ha da tempo un rapporto difficile con i propri utenti, gestisce con una certa pesantezza l’equilibrio instabile fra diritti alla riservatezza e pubblica esposizione. E contemporaneamente vanta già oggi il 50% circa degli accessi alla propria piattaforma da parte di utenti in mobilità Una offerta di servizi di geolocalizzazione è quindi una sirena invitante e pericolosa. Facebook ha già dichiarato che l’opzione sarà attivabile a discrezione dell’utente e che, una volta attivata, i dati raccolti sulla posizione dell’utente, verranno trattati alla stregua degli altri contenuti del profilo. In ogni caso una innovazione importante che acuisce problemi che già ora sono molto caldi. Da un lato esiste un patrimonio critico piccolo e solido che ormai quotidianamente sottolinea sulla stampa e sul web i rischi del nostro eccesso di entusiasmo nei confronti di Facebook, dall’altro è possibile riconoscere la grande massa dei suoi utenti che mai toccheranno le impostazioni di default della propria piattaforma perché semplicemente nemmeno sanno dove siano.

Non ci restano, in fondo, molte possibilità: ancora una volta ci affidiamo alle proprietà taumaturgiche del passaparola, in rete e sui quotidiani cartacei, per immaginare un equilibrio possibile fra investimenti pubblicitari, sostenibilità delle piattaforme e tutela degli utenti. Da domani anche in mobilità.

2 commenti a “Era Novo ieri”

  1. Simone Brunozzi dice:

    Ciao Massimo, articolo interessante. Secondo me avresti dovuto fare un accenno alle piattaforme per dispositivi Mobile (Android, iPhone, Nokia, etc.), perchè anche queste giocheranno un ruolo chiave, e al solito “gap” tra paesi con traffico dati flat e paesi senza.

  2. Doctor Brand dice:

    Ciao Massimo, che ne pensi di questo mio approfondimento su foursquare e social media marketing?
    http://www.doctorbrand.it/2010/06/forsquare-social-media-marketing.html
    Grazie a presto,
    Jacopo :)