Contrappunti su Punto Informatico di domani.
La qualità dei siti web dei maggiori quotidiani italiani – è noto – non è eccelsa. Paradossalmente lo spazio estensibile del web, dove non esistono i limiti legati alla foliazione del quotidiano, è diventato negli anni un limite piuttosto che un valore. Secondo la logica del “tanto c’è posto” i siti web di Repubblica, del Corriere della Sera o de La Stampa, sono diventati lo specchio fedele dell’offerta contenutistica della rete Internet stessa. L’alto si mescola al basso, la grande inchiesta giornalistica si siede accanto al gossip tradotto al volo da un sito web d’oltreoceano, foto strane e video pazzeschi prelevati di peso da Youtube o dai blog “arricchiscono” una offerta editoriale che è pensata per l’unico dio delle “pagine viste”. Un dio pagano, irascibile, capace di causare discreti disastri, la cui centralità è andata aumentando nel momento in cui dentro le stanze dei quotidiani ci si è accorti che i contenuti meno nobili (diciamo così) rubavano attenzione a tutto il resto.
Il confronto con le scelte editoriali sul web dei quotidiani americani o europei (francesi, spagnoli inglesi) è imbarazzante: l’uso dei banner pubblicitari liberato da ogni preoccupazione sui suoi effetti sul lettore, l’autocensura minima su tette e culi in forma di calendario o boxino morboso ormai ridotta al lumicino. La grave crisi editoriale dell’ultimo anno ha poi cancellato ogni residua inibizione e perfino La Stampa, che fino a qualche tempo fa aveva scelto di non imitare troppo i due maggiori contendenti all’inseguimento dell’audience più immediata, sembra aver in qualche misura cambiato idea.
In considerazione di questo panorama generale non esattamente confortante, acquista ancor maggior significato la decisione del quotidiano di Torino di stringere un accordo con Global Voices Online per proporre, tradotti in italiano, i contenuti di 25 blog internazionali che da qualche giorno arricchiscono l’offerta contenutistica de La Stampa. Global Voices è un network no profit che aggrega post e commenti che giungono da ogni parte del mondo, gli articoli vengono rilasciati con una licenza Creative Commons, gli argomenti trattati sono spessissimo interessanti e molto lontani dalla normale offerta della stampa italiana.
Del resto già da qualche tempo La Stampa ospita la traduzione italiana del blog Generacion Y di Yoani Sanchez, scrittrice cubana che ha saputo crearsi un proprio spazio in rete con tematiche di aperta contrapposizione al regime dell’isola caraibica.
L’errore a questo punto sarebbe identificare i contenuti esterni di valore, magari nati da esperienze di giornalismo dei cittadini come accade sovente su Global Voices, come parte di una offerta talmente ampia da poter comprendere tutto. Specie nel momento in cui un po’ in tutto il mondo si ragiona sui costi e sulla remunerazione dell’offerta giornalistica in rete, il lavoro di filtro di una redazione di professionisti mostra tutto il suo valore nel momento in cui esista una volontà chiara di scegliere fra i mille contenuti possibili. Il generalismo spinto dell’offerta editoriale attuale ha infatti il grande limite di non essere remunerabile al di fuori dell’attuale modello pubblicitario. Nessuno pagherà un centesimo per l’ultimo capezzolo di Pamela Anderson, ben difficilmente si riuscirà a vendere ai propri lettori notizie riciclate da agenzie e siti web velocemente ripulite di fonte e riferimenti. Simili scelte editoriali forse hanno un senso (al prezzo di un discreto svilimento professionale) nella logica “all you can eat” degli attuali siti web editoriali ma diventano controproducenti nel momento in cui si propone lo scambio qualità per denaro.
Mentre l’Unità ha assunto Leonardo (uno dei più brillanti blogger italiani) come editorialista e Carlo De Benedetti continua a confondere le acque rilasciando dichiarazioni ondivaghe sul valore e la dignità delle notizie, qua e là è possibile riconoscere alcuni piccoli segni di cambiamento.
Del resto l’esempio del successo della edizione cartacea di Internazionale è lo specchio di questa discesa in campo giornalistica: un luogo nel quale il lettore compra quello che il giornale ha immaginato interessante per lui, senza ulteriori complicazioni legate al marketing della notizia. Il web sarebbe, paradossalmente, lo spazio principe di questa sintonia fra chi scrive e chi legge ed è curioso che questo rapporto di vicinanza sia esercitato quasi sempre altrove rispetto ai luoghi professionalmente deputati. Senza scomodare code lunghe ed altre complesse teorie, in rete, esattamente come fuori, non esiste un generico lettore, ma ne esistono moltissimi. Non sarà possibile affascinarli tutti.
Febbraio 21st, 2010 at 11:39
secondo me invece è possibile sì affascinarli tutti – purchè si lasci che ogni lettore veda non solo “la versione del Direttore” del giornale, ma anche la propria versione, o quella dei propri amici. Ma il Direttore non vuole.
Febbraio 21st, 2010 at 17:14
mi pare un’aspetto centrale dei “giornalismi possibili” sia proprio il pluralismo di voci e offerte che i media tradizionali hanno oggi a disposizione, avviando partnership come quelle descritte sopra; ovvio che nessuno possa pensare di “accontentare tutti”, ci mancherebbe; pero’ le nicchie contano, e non poco, come ben sappiamo… ed e’ verissimo che esistono moltissimi lettori – solo che le grandi testat fino a poco tempo fa facevano finta di non accorgenese (o non volevano accorgersene)…non e’ mai troppo tardi con le contaminazione trasversali, giusto? ;)
Febbraio 21st, 2010 at 17:35
Proprio l’altro giorno lunga riunione col direttore, che chiede anche online una maggiore scelta editoriale – in stile New York Times per intenderci – per separare i contenuti alti da quelli bassi: sono necessari entrambi, per sopravvivere nell’era della crisi economica in cui ancora vale il numero di clic per raccogliere pubblicità e purtroppo le foto con il gossip le liti furenti il sangue orripilante e il sesso sguaiato tirano molto di più delle analisi profonde sul panorama politico italiano o internazionale della grande Barbara Spinelli, basta vedere i “più visti, più letti”….c’è da scoraggiarsi a fare questo mestiere, online. ma non bisogna desistere, prima o poi la troveremo, la ricetta giusta…e speriamo che Voci Globali sia un passo nella direzione giusta. Grazie
Febbraio 21st, 2010 at 18:20
@Anna: un modo per cambiare le cose è… far vedere che gli articoli seri vengono, se non necessariamente letti di più, certo linkati di più sul web, il che ha un certo valore, no?
Febbraio 21st, 2010 at 21:59
A commento di un mio articolo, anche, sull’alleanza Global Voices – La Stampa di qualche giorno fa mi viene fatto rilevare che i nomi dei traduttori sono di maggior dimensioni e hanno complessivamente maggior evidenza rispetto agli autori originali.
A proposito di valore, credo che sia un dettaglio da correggere.
Ciao.
Pier Luca
Febbraio 21st, 2010 at 23:18
Contesto questa definizione di Yoani Sanchez: “attivista cubana che ha saputo crearsi un proprio spazio in rete con tematiche di aperta contrapposizione al regime castrista”. Yoani non è un’attivista ma una scrittrice, una cittadina che parla e che raconta il quotidiano. Yoani non è in contrapposizione con nessuno, ma esprime opinioni descrivendo il quotidiano. La sua forza è che fa qualcosa di diverso da quel che fanno solitamente i cubani: tacere e fuggire. Lei resta e parla. Vi sembra poco?
Gordiano Lupi – traduttore italiano di Yoani (e pure colui che l’ha scoperta e che l’ha fatta pubblicare in Italia)
Febbraio 21st, 2010 at 23:28
@gordiano, ok tolgo volentieri attivista e metto scrittrice, saluti
Febbraio 23rd, 2010 at 00:05
@pierluca: ovvio che gli aggiustamenti ‘tecnici’ verranno man mano, ma tendenzialmente ritengo che la figura dei “traduttori” vada ampiamente rivalutata nell’internet poliglotta e nel villaggio globale odierni
nel caso di VG, poi, tieni conto che si tratta in realta’ di una redazione che opera in maniera collaborativa: propone e sceglie i post, verifica link e fonti, comunica con l’autore orginale e con altri sul post, e poi lo traduce anche…
come rivela l’esperienza della community Lingua (i siti localizzati in 18 lingue) all’interno di Global Voices Online, che e’ ormai una sua colonna portante e senza la quale lo stesso GVO non potrebbe esistere
senza dimenticare che e’ lavoro volontario per ora, e che l’autore/blog originali vengono nominati sia alla fine del post sia nell’occhiello grigiotto sopra il titolo
e come diceva gordiano, si tratta anche di ‘scoprire’ tali autori, i quali apprezzano i nostri rilanci, avviando insomma operazioni collaborative nel senso piu’ ampio del termine
magari dovremmo mettere “a cura di”, come oggi si fa nei libri “seri”, mentre una volta si metteva solo “traduzione di…”? ;)
Febbraio 23rd, 2010 at 00:29
Ma, io separerei le cose:
nel complesso serviranno sicuramente aggiustamenti ‘tecnici’ per calibrare il modo in cui si rappresenta il lavoro che sta dietro alle cose… scandagliare, verificare, inquadrare, tradurre, contestualizzare…
Nello specifico, sono d’accordo con Pier Luca. Quel carattere è un po’ grande. Anche a me piacerebbe più piccolo e in fondo, ma sinceramente non avevo dato a questa caratteristica il peso che le vedo attribuito nel commento della tua ospite, Pier Luca. Accetto il giudizio estetico, però. E qui mi fermo perché, mica posso parlare degli assenti! Grazie, comunque, delle osservazioni!
Febbraio 23rd, 2010 at 02:25
veloce aggiornamento: pur dovendo rispettare ovviamente le caratteristiche tecniche del template gia’ valido per l’intero sito lastampa.it, abbiamo sistemato meglio i titoletti, in maniera direi equa e positiva per tutti, no?
in questo testo appena inserito
e grazie a tutti per i commenti ;)