Contrappunti su Punto Informatico di domani.
L’attenzione della politica e dei media nei confronti di Facebook ha ormai raggiunto il livello di guardia. Dai giochetti leghisti sugli immigrati e – prima ancora – dai gruppi di sostegno ai mafiosi, fino al recentissimo caso del gruppo “Uccidiamo Berlusconi”, abbiamo assistito ad una incessante sequenza di strilli mediatici sulle inaccettabili parole che Facebook contiene, sulla necessità di censurarle, sull’urgenza di individuare e punire i colpevoli. Siamo di fronte a due questioni molto diverse ed altrettanto importanti. C’è un problema di comprensione del mezzo che potrebbe essere riassunto nella dichiarazione del Ministro dell’Interno Maroni secondo il quale “non esiste un paese al mondo dove qualcuno può scrivere su un sito uccidiamo il premier” e c’è un problema di utilizzo strumentale del mezzo che forse potrebbe essere riassunto nella prima pagina della edizione nazionale de Il Resto del Carlino di qualche giorno fa, dedicata interamente ad un commento comparso su Facebook da parte di un giovane esponente di un circolo emiliano del PD che aveva scritto:“Ma santo cielo, possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa a Berlusconi!”
Chiunque conosca minimamente Internet sa bene che la rete è, da sempre, il luogo della alterità. Lo è in maniera talmente ampia che la reazione che spesso coglie quanti non lo hanno sperimentato è una reazione di smarrimento ed incredulità. Possibile – si deve essere chiesto il Ministro Maroni – che sia possibile una enormità del genere, che qualcuno decida di dichiarare in rete il suo desiderio di sopprimere il Premier? La tendenza della rete a riempire interamente lo scenario dei punti di vista non fa del gruppo “Uccidente Berlusconi” una eccezione, ne è semmai una rappresentazione di normalità che può essere facilmente ricostruita anche occupandosi di temi differenti da quello dello scontro politico nostrano. Qualche anno fa una associazione consumatori italiana, sprovveduta almeno quanto il nostro Ministro dell’Interno, chiese ad un pretore romano di fare qualcosa per chiudere rotten.com, un sito web aperto negli Stati Uniti nel 1996 che i suoi stessi autori descrivono come “An archive of disturbing illustration”. Iniziative del genere sintetizzano egregiamente la distanza fra la convinzione che sia giusto censurare tutto ciò che troviamo offensivo e disturbante e l’idea, che Internet porta con sé, di permettere invece un numero molto ampio di diverse declinazioni, nella certezza che 1) chi vorrà non vedere potrà certamente farlo 2) non abbiamo maniera migliore che ampliare la libertà di espressione e per accrescere le nostre prerogative di esseri democratici.
Del resto se non ci trovassimo di fronte ad un problema di comprensione del mezzo, in buona parte mediata dalla modesta cultura di rete di questo paese, non si spiegherebbe come mai – come racconta Alessandro Gilioli sul suo blog – un gruppo Facebook di imbecilli che vorrebbero uccidere (telematicamente) Berlusconi sia considerato un grave attentato alla democrazia mentre omologhi simili dedicati a Gordon Brown o Nicolas Sarkozy ricevono nei rispettivi paesi attenzioni modestissime.
Non siamo pronti per Internet insomma: sembriamo incapaci di governare la grande libertà di orizzonte che ci offre, preferiamo riferirci all’orticello conosciuto delle nostre convenzioni sociali dove ciò che è lecito e ciò che è disdicevole è stabilito, non dalla nostra coscienza di esseri adulti e pensanti, ma da un elenco – sempre lo stesso ed immutabile – che altri hanno immaginato per noi.
Ed in questa brusca chiusura di orizzonte che si propone ogni volta che la rete mostra le sue naturali perturbazioni del senso comune, una funzione importante hanno i media. Mai come in questo periodo l’utilizzo strumentale delle parole trovate in rete aiuta i giornali a comporre articoli, sottolineare scandali e rinsaldare quel fastidioso senso comune del tipo “Signora mia, ma ha visto cosa si trova su Internet?”
E’ questo il secondo aspetto, non meno importante, che caratterizza la grande discussione pubblica di questi giorni sulla rappresentazione della politica in rete. Le grida manzoniane rintracciate su Internet che tutti i grandi quotidiani adottano ogni giorno per dare man forte a questo o quel teorema politico, svuotano la rete di ogni valore, riducendola a stagno maleodorante nel quale andare a scovare il piccolo scoop di dopodomani. E’ sufficiente una frase idiota a commento di un qualsiasi blog sconosciuto che non avrebbe letto nessuno e la pagnotta mediatica è assicurata. Tranne poi lamentarci se il gruppo di chi vorrebbe uccidere Berlusconi ha molte migliaia di iscritti e quello di chi vorrebbe uccidere Sarkozy 29.
Ottobre 25th, 2009 at 11:49
A proposito delle ipocrisie di chi lo pronuncia fessbuc: http://www.setteb.it/news-Stasera-televoto-del-TG4-chiudere-o-no-Facebook–2009-10-12-007400.xhtml
Ottobre 25th, 2009 at 17:29
quante volte è capitato di dire, tra amici, “io quello lo ucciderei”?
il problema sorge quando una tale sciocchezza viene letta anziché ascoltata. è il senso della scrittura che si pretende essere stravolto dal mezzo telematico, cosa che non può essere.
l’analfabetismo informatico non è solo nei mass media che amplificano ogni scemenza scritta, ma anche nell’uso scellerato che taluni fanno della parola scritta.
la differenza tra il numero di coloro che scrivono di voler uccidere il presidente francese e quelli che lo stesso scrivono del nostro, di presidente, temo sia una prova di questo fenomeno, attenuata solo in parte dalle differenze tra i due presidenti.
il fatto, poi, che questa boiata dei social network sia al centro dell’attenzione di tutti – anche qui -, rimane francamente disarmante.
Ottobre 26th, 2009 at 12:22
La reazione esagerata dei politici rispetto a situazioni analoghe in altri paesi, a mio parere, è dovuta alla percezione che quanto qualche ragazzo ha scritto sul web riflette il sentimento di metà e più degli italiani.
Sanno di agire disonestamente e di mentire ad ogni passo, nelle dichiarazioni pubbliche.
La strategia che alcune forze hanno messo in atto per prendere il potere, è quella da sempre adottata da chi mira al domino di una popolazione: alimentare nei seguaci il senso di appartenenza ad una unica delle molteplici identità che ciascuna persona possiede, finchè tutti coloro che non vi si riconoscono appaiano come nemici, come minacce incombenti.
Amartya Sen, nel suo libro Identità e Violenza, individua in questo processo, chiamato di ‘riduzione ad una identità solitaristica’, il meccanismo che innesca la violenza di massa, che scatena la repulsione improvvisa tra gruppi che, pur con attriti e diffidenze, hanno per secoli convissuto.
Anche in Italia, forze oscure hanno consapevolmente scelto di far leva sui sentimenti viscerali anticomunisti di una parte della popolazione italiana. Tutta la popolazione estranea all’identità anticomunista si è trovata forzata, senza ragione, dentro una identità opposta, ‘comunista’, negativamente connotata. Rimestando sistematicamente antichi pregiudizi, la politica ha generato in breve tempo una ‘divisione identitaria’, premessa per l’esplosione della violenza.
Come può l’altra metà della popolazione sentirsi rappresentata da un governo che si è affermato con tali mezzi? Al contrario, crescerà un sentimento di oppressione, di tradimento; il governo e di conseguenza le istituzioni nazionali verranno sempre più avvertite come entità ostili.
Non ci si può stupire se un piano così intriso di malvagità genera uno sbocco minaccioso, nella ingenuità di alcuni ragazzi.
Ottobre 26th, 2009 at 14:20
@pol
scusa eh, ma dall’altra parte non fanno solo ed esclusivamente dell’antiberlusconismo il loro unico scopo? e per caso non è che cercano la coesione nel nome del “contro”? mi pare che tutte queste differenze tra desta e sinistra siano solo nelle vostre teste.
Ottobre 26th, 2009 at 16:16
Sono d’accordo con pol circa il clima d’odio, ma Davide mi ha tolto le parole di bocca.
Ecco, io quelli che dicono *odio i comunisti* oppure *odio Berlusconi* proprio non li capisco. E, anzi, al di la’ delle sparate su Facebook, c’e’ sempre qualcuno che rischia di andare oltre.
Penso che tutti si debbano muovere verso una seria pace sociale isolando i cretini. Il che non significa, ovviamente, appiattimento politico.
Ottobre 26th, 2009 at 16:38
Feisbuc = grande banalizzatore.
Ottobre 27th, 2009 at 09:17
“Signora mia, ma ha visto cosa si trova su Internet?”
… mi ricorda “Contessa” di Pietrangeli…
Luglio 1st, 2010 at 20:45
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