Su Termometro Politico l’art director de Il Fatto Paolo Residori risponde alle critiche sulla grafica del nuovo quotidiano.

p.s. per quanto mi riguarda una occhiata alla pagina personale di Residori sul web avrebbe aiutato.

16 commenti a “Non è bello ciò che è bello”

  1. nicola dice:

    Io pensavo che la grafica dovesse rendere agevole la fruizione del contenuto (e anche la sua composizione). Mi sbagliavo. Non so nulla di grafica.
    (I caratteri bianchi e minuscoli su sfondo rosso devono veicolare un messaggio che non riesco a capire: non riesco a leggerli.)

  2. raxi dice:

    Come mai questo accanimento su una cosa
    tanto insignificante?

  3. david dice:

    Beh, al di là della grafica del Fatto, credo che cinque anni fa fosse una cosa impensabile che l’art director di un quotidiano si confrontasse con i commenti della rete al suo lavoro

  4. Fabio V. dice:

    In pratica dice che l’aspetto “vecchio” è voluto, come tutto il resto.
    Mi ricorda mia zia zitella, che ripeteva”Non mi sono sposata per una scelta mia!”

  5. Tommaso Baldovino dice:

    La parte dell’intervista in cui risponde alle critiche sulla grafica rispecchia benissimo la situazione del web italiano.

    Le cose non cambieranno finchè progetti di questo tipo finiranno nelle mani di chi non conosce nemmeno le convenzioni basilari della rete. Basta leggere la giustificazione sull’uso dei testi sottolineati o ancora meglio la parte dei font. Certe risposte si commentano da sole.

    Non c’è da stupirsi, viviamo in un paese dove esiste un “Premio Web Italia” dove i siti in concorso sono per il 95% in Flash :)

  6. annieblu dice:

    Fabio V., e anche Tommaso, sono d’accordissimo con voi.

    Eoni fa (e ancora me ne pento) insegnavo quella cosa che non si dovrebbe insegnare mai e che va sotto l’orribile nome di scrittura creativa.
    Con un frequenza tale da poterla chiamare regolarità, mi arrivavano racconti veramente orribili e mal scritti, e alle mie critiche i giovani (a volte non tanto giovani) virgulti rispondevano immancabilmente che la cosa era voluta, che l’avevano fatta apposta.
    Di rado riuscivo a ottenere una motivazione della volontarietà (sporadicamente un «volevo ispirare disgusto nel lettore» o «volevo scrivere un racconto che non piacesse al lettore», obiettivi su cui si potrebbe discutere a lungo), meno di rado ottenevo invece una lapidaria contestazione di rimando dell’allievo: la bruttezza (riconosciuta) del racconto era voluta, ero io che non capivo il valore e il messaggio di tale bruttezza.
    Ah, ecco.
    Possibilissimo, certo, mica detengo la verità unica e possiedo doti assolute di comprensione.

    Eppure quel tipo di reazione alle obiezioni continua, come oggi, a lasciarmi un tantino perplessa.

  7. Roberto dice:

    A me l’idea dell’omino col megafono ricorda troppo l’omino col cannocchiale del Riformista, per poter davvero definirla un’idea originale…

  8. Ganascia dice:

    In 15 anni di lavoro ne ho conosciuti tanti di questi sboroni pomposi. I loro clienti ora sono i miei. :p

  9. enrico dice:

    @Tommaso Baldovino.

    Son d’accordo con te sul livello di ignoranza di molti progettisti grafici per il web, che non conoscono molte regole di base.
    In questo caso però si parla di un progetto grafico su carta stampata, che ha delle regole e delle codifiche diverse.
    Pur non apprezzando la grafica del Fatto mi pare che l’art director abbia motivato bene le sue scelte.

    @Massimo Mantellini
    Credo anche io che uno sguardo al sito dell’art director avrebbe aiutato.
    Credo infatti che chi abbia mosso critiche con cognizione di causa sia andato anche a guardare chi fosse l’art director, qual’era la sua storia professionale e quali fossero i suoi lavori precedenti.

    Poi magari chi si è limitato a dire è bello o brutto probabilmente non aveva gli strumenti/il tempo/la voglia per esprimere un giudizio più articolato e ipotizzo che quindi non abbia neanche guardato il sito dell’art director. Ma una semplice critica del tipo: “è bello”, “è brutto”, credo che non abbia alcun tipo di valore.
    Il discorso è nato da critiche precise e motivate.

    Ho concluso
    Amen.

  10. Salvatore Mulliri dice:

    Ci sono modi e modi di pensare un giornale. Questi, ad esempio, volevano fare una cosa bella:

    http://informationarchitects.jp/tages-anzeiger-paper-redesign-pitch-lost/

  11. enrico dice:

    questi spaccano di brutto peccato che non abbian accettato il loro progetto.

  12. Cafonauta dice:

    “per quanto mi riguarda una occhiata alla pagina personale di Residori sul web avrebbe aiutato.”

    Anfatti

  13. Tiari dice:

    Boh, io non ci capisco niente però a me il sito lo ha fatto – nei ritagli di tempo, gratuitamente e in amicizia – un amico che fa tutto un altro mestiere, e non farei a cambio con quello di questo signore…

  14. enrico dice:

    ma anche questo signore che dici fa un’altro mestiere.
    Fa il progettista grafico per la carta stampata, è un mestiere molto diverso dal fare il progettista per il web

  15. Gianluca dice:

    Credo che le critiche ci stiano tutte, l’unica vera scusa è che questo è un giornale su cui si è cominciato a mettere le mani all’inizio di questa estate dovendo uscire a fine settembre.

    Francamente credo che in italia ci sia il pensiero comune che non valorizza abbastanza il lavoro di un grafico o di un designer.
    Avevo riposto ampia fiducia sinceramente ne “il fatto quotidiano” e lo credevo estraneo a questi preconcetti.

    Mi aspettavo, fatte le dovute proporzioni, un progetto editoriale più simile al “the Guardian” inglese, dove ogni minimo aspetto legato al carattere (hanno creato un font nuovo) e all’impatto visivo è stato studiato.

    Speriamo in un restyling magari affidato a qualche giovane e capace studio.

  16. Atos dice:

    Mante, il tuo PS è di un perfido…

    sono ancora abbacinato dal redsite di Residor…