Sergio Maistrello nei giorni scorsi ha scritto un lungo post di revisione delle sue convinzioni a riguardo dei progetti di wi-fi cittadine: il sunto sarebbe che la barriera all’accesso alla rete oggi non è più di fatto tecnologica ma culturale. Non sono gli strumenti che mancano ma la volontà di utilizzarli. Ne consegue che più che abilitare i cittadini al collegamento occupandosi della loro connessione fisica alla rete il compito delle amministrazioni deve essere quello dello stimolare la curiosità verso Internet.
E’ ovviamente pacifico che sia così. Il cambio di opinione di Maistrello incontra poi un punto di vista consolidato, espresso a suo tempo da Alfonso Fuggetta che sottolineava primariamente le sovrapposizioni non virtuose fra municipalità che avrebbero fornito accesso wireless ai cittadini in concorrenza sleale con gli ISP. La quadratura del cerchio per questo problema poteva essere (ma non so bene se in USA dove era stata ipotizzata abbia poi avuto seguito) quella di un servizio basic (posta IM, browsing) “regalato” dal comune in nome di una qualche spinta alfabetizzatrice che avrebbe poi potuto incrementare la richiesta commerciale di accessi a larga banda a pagamento.
Il mio parere, da affiancare eventualmente alle ragionevolezze di Sergio ed Alfonso, è che non sia possibile estrarre una norma che valga sempre e comunque. Credo esistano ancora zone del paese non marginalissime che soffrono un divide tecnologico che debba essere in qualche maniera coperto fuori dalle dinamiche commerciali correnti (che di aspettare “il mercato” francamente c’è da essere stanchi). Credo che esistano poi contesti particolari come per esempio le citta’ d’arte sottoposte al flusso turistico dove valgono condizioni ambientali e opportunità sui generis e credo soprattutto che molte delle discussioni odierne sul wifi comunali siano figlie della demenziale normativa Gasparri (e poi Pisanu e poi gli altri) sui limiti imposti dallo stato all’uso delle frequenze (ed alle note successive norme sull’autenticazione).
A metà maggio a Venezia ci sarà un incontro sulla ipotesi di copertura wifi della citta’ lagunare al quale probabilmente andremo sia io che Maistrello. A questo punto Alfonso ti tocca venire ;)
Voi, intanto, che ne pensate?
Aprile 15th, 2009 at 22:29
uhm , mah… che la barriera sia culturale sono d’accordo, ma nel senso che è legata a forme di analfabetismo funzionale – la rete è testuale – in Italia molto pesanti e diffuse (secondo alcune ricerche anche del 50%), non a resistenze ideologiche. Quindi mi pare un po’ ingenuo pensare che i comuni possano investire risorse per risolvere questo problema. Cioè, sarebbe bello, ma per risolvere l’analfabetismo funzionale degli italiani che non sanno decrittare semplici testi scritti, altro che i soldi del wifi comunale ci vogliono. Poi mi sfugge una questione, ma probabilmente perché mi sono perso delle puntate: ma i telefonici non erano il nemico, la zavorra, il peso, la burocrazia, l’anti-utente, il freno tecnologico, e la connessione un diritto? Ah, gli ideali di gioventù… :-)
Aprile 15th, 2009 at 23:44
Domanda:
perché coprire di antenne wifi una città già abbondantemente coperta da reti cellulari?
Con adeguate riduzioni delle tariffe non sarebbe meglio usare e potenziare la rete che già esiste e che copre una larga parte del territorio nazionale?
In Giappone funziona esattamente così: tariffe flat molto basse per l’accesso dati alla rete cellulare e sostanziale assenza di reti pubbliche wifi, ovviamente in ufficio e in casa lo wifi resta una ottima scelta, ma non per l’accesso pubblico.
bob
http://robertodadda.blogspot.com/2008/07/sono-tornato.html
Aprile 16th, 2009 at 00:09
Dadda, 2.5 Gb a settimana (più non mi ricordo quanti minuti di telefonati) a 29 euro al mese sono molto simili a una flat…
Aprile 16th, 2009 at 06:18
Ideologicamente un accesso gratuito alla rete l’ho sempre considerato un obiettivo di democrazia e un servizio che lo Stato dovrebbe fornire (in prospettiva) a tutti i cittadini. Perché si tratta di un mezzo per usufruire comodamente dei servizi comunali.
Poi mi soffermo a pensare che anche il telefono è circa 50 anni che è strumento indispensabile per comunicare, per richiedere e ottenere servizi: eppure mai nessuno ha pensato di chiedere il telefono gratuito (anche magari solo 1 ora al mese e tanto più che la SIP era statale). Anzi, l’allacciamento – e non solo il conumo – è a pagamento.
Qual è quindi la differenza tra i due mondi? Non vale la pena di chiedere il telefono gratuito, visto che con questo mezzo di comunicazione non esistono barriere culturali di alcun tipo?
Aprile 16th, 2009 at 08:38
@spider: e con quale operatore?
Cmq teniamo presente che non esistono solo persone che hanno cellulari touch che possono navigare, ma anche turisti che girano con portatili dotati solo di wifi.
Aprile 16th, 2009 at 09:23
Sono parzialmente d’accordo con Dadda: voi avete più sentito parlare del WiMAX come opportunità? Credo che prima di arrivare a quello, e le telco lo sanno, sia necessario uno sviluppo della Rete attuale affinchè, capillare com’è, possa supportare un traffico dati più esteso. E poi di seguito con il WiMax avrebbe senso avere quelle “poche” antenne che allargano il segnale il wi-fi: credo che la connessione dovrebbe essere offerta gratuitamente con servizi basic come dici almeno a tutti i cittadini di un comune (magari con residenza).
D’altra parte sarebbe bello chè insieme alla Settimana della Cultura si ideasse anche la Settimana di Internet con connessioni aperte sparse un po’ in ogni dove.
Aprile 16th, 2009 at 09:39
Vivo in un Comune che offre questo servizio dall’anno scorso, in alcune zone della città. E’ un posto turistico, è un servizio utile a turisti e cittadini, non mi dispiace poter fare come in molte altre città europee ed accedere alla rete anche senza telefono …
Non sarà decisivo per superare il nostro digital divide, ma senz’altro aiuta!
http://www.comune.verbania.it/novita/pagina304.html
Aprile 16th, 2009 at 09:55
Il fratello del commissario Montalbano ci sta provando nella provincia di Roma:
http://tinyurl.com/d8xmes
Ecco, dovessi dare un consiglio direi di abbandonare il progetto. Hanno stanziato 7 milioni di euro in cinque anni per una provincia, quella di Roma, molto estesa.
Il risultato, al momento è una copertura assolutamente ridicola.
http://tinyurl.com/cdef3s
Si fa prima a trovare una Wireless casalinga aperta che un hotspot della provincia di Roma.
Zingarè, lassa perde che è mejo.
Aprile 16th, 2009 at 11:53
Ah sì? E com’è che la nostra amata interattiva amministrazione comunale lagunare non ci dice niente di questi incontri?
Solito giro con le solite facce, a dir le solite banalità?
Aprile 16th, 2009 at 11:59
Per Dadda : sono appena tornato dagli stati uniti e ATT ha riempito le città di hotspot incoraggiando gli utenti iPhone ad usare il wifi al posto del 3G.
Per Massimo : si conosce già la data precisa dell’incontro con Veniceconnected e se sarà aperto al pubblico ?
Aprile 16th, 2009 at 12:02
Perchè l’accesso di base alle reti di comunicazione (voce e dati)non potrebbe essere “gratuito”, cioè pagato dalla fiscalità generale?
Anche la scuola di base è “gratuita”, così come lo è sanità, almeno in tutti i paesi europei.
Anche tenere a casa, grazie alle pensioni, persone anziane che non possono più lavorare, è a carico della fiscalità generale, anche se mascherato sotto il nome di “contributi previdenziali” .
Il costo di tutti questi servizi “gratuiti”, incorporati nel prezzo di merci e servizi come costi per le aziende, sono pagati come imposte e contributi (le tasse sono altra cosa) per avere servizi che in altri paesi (USA) le aziende pagano con la sanità e la previdenza privata.
Aprile 16th, 2009 at 13:26
I progetti di WiFi cittadini di accesso gratuito sono quasi tutti stati un disastro. Questo non vuol dire che non si debbano fare ma pensare di mettere in piedi un servizio del genere per coprire aree molto estese non è uno scherzo. Inoltre, la diffusione di device wifi a livello di massa, nei prossimi anni renderà più interessante avere connettività always on dovunque.
Gli unici progetti di successo si sono avuti dove la rete wifi è stata realizzata in primis per soddisfare esigenze delle municipalità, quindi dove c’era comunque un ritorno di maggiore efficienza e risparmio sui costi per l’amministrazione.
Aprile 16th, 2009 at 13:53
Vi segnalo l’esperienza di Castellammare di Stabia (Napoli), dove il Comune ha lanciato la settimana scorsa internet gratuito nella zona del waterfront, con una Carta Giovani che ognuno può ottenere all’Ufficio Informagiovani. Costo: 25 mila euro. L’obiettivo è spedire il segnale fino a Napoli. Se vi fate un giro online vedrete pure che i giovani dei Circoli della Libertà attaccano il sindaco (centrosinistra) con l’accusa di inquinamento elettromagnetico
Aprile 16th, 2009 at 13:54
Oh, 25 mila euro è il costo della cablatura. Non della Carta Giovani
Aprile 16th, 2009 at 17:59
Il nodo da affrontare è la garanzia del servizio dove il mercato non arriva. Se l’obiettivo è quello di dare a tutti i cittadini le stesse opportunità di connessione bisogna ragionevolmente considerare che esistono zone in cui non è conveniente per il privato portare la connessione. E attenzione non sto parlando esclusivamente di creare le infrastrutture ma soprattutto di manutenzione delle stesse che ha un costo non indifferente soprattutto in casi di guasti. Credo che la collettività potrebbe farsi carico dei costi ma con soluzioni in carico ai singoli enti locali (meglio i Comuni) che meglio possono scegliere in base alle specificità del territorio.
Aprile 16th, 2009 at 20:11
Ma se l’importante è evitare la congenstione urbana, l’inquinamento, evitare le migrazioni dei lavoratori della conoscenza, permettere di vivere nel territorio di origine, consentire il telelavoro su vasta scale, l’unica soluzione è che i sistemi di telecomunicazioni siano gratuiti.
In questo caso non è importante la tecnologia di accesso, ma il risultato complessivo in termini economici.
Febbraio 9th, 2012 at 00:37
[…] internet e delle nuove tecnologie, non fornire nuovi accessi wi-fi. E a questo proposito risegnalo questo bel post di Massimo Mantellini. […]