Sul numero de L’Espresso in edicola c’e’ una lunga lettera di Umberto Eco che lamenta, con qualche ragione, la scarsa etica professionale del settimanale su cui scrive.

“Il 28 aprile scorso c’e’ stata una amichevole cena da Inge feltrinelli con Grass a cui partecipavano anche due giornalisti, uno dei quali era il vostro Enrico Arosio, invitato (cosi’ ritenevo) come amico germanofono. Dall’articolo apparso sull’ultimo numero dell’Espresso apprendo invece che Arosio era stato incaricato (non so da chi) di registrare artatamente (e tra l’altro a memoria) le conversazioniivi intervenute, come un agente dei servizi deviati, per poi farne un lungo articolo di colore in cui si riferivano tutte le battute conviviali che si possono fare fra amici in piena confidenza. A mio parere l’operazione viola l’etica giornalistica perche’ chi da’ una intervista deve sapere di essere intervistato, e cioe’ che le sue parole diventeranno pubbliche dichiarazioni. Si puo’ dire a cena tra intimi che si suppone che il tale stia andando fuori di testa, ma non ci si azzarderebbe mai a scriverlo anche perche’ potremmo essere convinti che in fin dei conti non e’ vero, e si stava esagerando per esprimere un dissenso. Ma in ogni caso cio’ che e’ accaduto ha violato le sacre leggi dell’ospitalita’, in virtu’ delle quali non si da pubblico rapporto di comunicazioni confidenziali a cui si e’ partecipato come attore e non come osservatore. A maggior ragione la cosa e’ offensiva quando uno dei partecipanti e’ collaboratore anziano del giornale e certamente avrebbe diritto al rispetto della propria vita privata. Inoltre, se di una conversazione privata si riportano anche el battute minori, di quelle che si fanno a tavola per ridere un po’, ma che non si farebbero in sede pubblica, si precipita al livello di quelle riviste che si trovano solo dai barbieri”.

20 commenti a “RIVISTE DA BARBIERE”

  1. b.georg dice:

    accidenti, la lettera pone molte domande. Cosa ha risposto il giornale? E cosa intende fare Eco, chiuderà  la sua collaborazione con L'espresso? Ma soprattutto, come è riuscito Eco a non accorgersi finora di scrivere per una rivista da barbiere, faccenda nota da anni a qualsiasi altro lettore anche occasionale di quel settimanale? (e spezzerei una lancia in testa anche alle riviste da barbiere, tutt'altro che disprezzabili)

  2. Dario Salvelli dice:

    Ah, non sapevo l'Espresso fosse da barbiere ma in fin dei conti lo leggo pochissime volte. Me ne accorgo ora e me ne dispiaccio soprattutto perchè a dirlo è Eco. Brutta storia comunque questa della cena.

  3. esaù dice:

    Innanzi tutto, non condivido il disprezzo di Eco per certe riviste da barbiere perche', a leggere proprio Arosio in quell'articolo, e' l'esimio Eco a fare battute "letterarie" da barbiere (e da uno come lui non ce le si aspetterebbe nemmeno a una cena tra… amici).

    E comunque, la vera domanda e': quale grave danno ha arrecato al professor Eco quell'articolo, se non farlo apparire sotto una lucea "umana"? E' questo che gli da' fastidio?

  4. Mondo dice:

    Quello che gli da fastidio è proprio il fatto che ad esempio gente come te lo stia giudicando per frasi scritte totalmente estrapolate dal contesto.

    O almeno, a me darebbe fastidio.

  5. Luca De Biase dice:

    Hai ragione è un fatto da segnalare. Mi vengono in mente alcune cose. La situazione nella quale si è trovato Eco è antipatica. E su questo sono d'accordo. Ma un principio che Eco sottolinea va discusso (non perché sia sbagliato). Dice che chi scrive un articolo nel quale riporta le frasi di un'altro deve dire all'altro che lo farà  (l'intervista deve essere esplicitamente un'intervista). Molto spesso avviene il contrario: la persona che si trova insieme a un giornalista chiede per favore al giornalista di non riportare quello che dice (dichiarando le sue frasi off the records). Sarebbe giusto che l'intervistato fosse avvisato di essere intervistato. Ma questo è implicito, spesso, nel fatto che un ascoltatore sia un giornalista (che quindi si suppone può scrivere quello che vuole di quello che vede purché lo faccia accuratamente; e qui c'è il fatto che Arosio non prendeva appunti il che non depone a suo favore). Del resto, i resoconti delle intercettazioni telefoniche non rispettano mai per definizione il principio citato da Eco (che pure sarebbe rispettabile). Se però si escludessero le intercettazioni (come in effetti alcuni avversari intellettuali e anche politici di Eco suggeriscono), molte notizie non verrebbero pubblicate. Altro argomento: i paparazzi non dovrebbero prendere foto quando i soggetti sono nella loro proprietà  privata senza il loro esplicito permesso. Ma la memoria di un testimone è come una foto? Alla fine dei conti ho l'impressione che Arosio avrebbe fatto meglio a prendere appunti così avrebbe evitato eventuali errori e avrebbe segnalato la sua intenzione di riportare quanto si diceva; e forse avrebbe dovuto scrivere che le frasi erano dette in una conversazione informale e riportate a memoria; ma anche Eco avrebbe potuto pensare che Arosio avrebbe potuto pubblicare quello che una persona rilevante come Eco diceva (posto che questi non aveva chiesto esplicitamente di non pubblicare nulla su quell'occasione)… Direi che la cività  dà  ragione a Eco, la pratica dà  ragione ad Arosio. All'Espresso resta la responsabilità  di avere deciso per la pratica e non per la civiltà .

  6. esaù dice:

    De Biase ha perfettamente ragione, il suo è un intervento illuminante.

    E quanto alla "pratica" di cui parla aggiungerei che prendere un taccuino in mano, nella maggior parte dei casi, implica che l'intervistato si controlli, il che depone più a favore dell'intervistato che dell'intervistatore. Detto questo, quella Arosio-Eco e' una situazione-limite: una cena tra amici che diventa intervista e' troppo anche per il piu' spregiudicato dei reporter.

    Ma non e' reato.

  7. massimo mantellini dice:

    Grazie Luca.

    Mi pare piuttosto evidente che se Arosio avesse preso in mano il taccuino tutto sarebbe andato diversamente (poi mi spiegate che diavolo di cena e' quella con un commensale che prende appunti?). Personalmente l'unica cosa che trovo molto contestabile delle cose che dice Eco e' che essendo lui un collaboratore anziano dell'Espresso avrebbe avuto diritto ad un trattamente di favore….mi pare una specificazione molto italiana…..Poi magari qualcuno forse potrebbe chiedesi come mai negli ultimi tempi queste questioni scoppiano tutte al Gruppo Espresso.

  8. Daniele Minotti dice:

    @ Luca #5

    Premesso che, per me, e' sempre questione di educazione (specie ove non si tratta di un evento pubblico, ma di una cena che ci viene riferita *privata*), il fotografo (e non solo…) che scatta, da fuori, immagini relative a fatti svolgentisi in un'abitazione privata si becca anche il reato (art. 615-bis c.p. – proprio una norma *anti-paparazzi* degli anni '70)). Salvo il consenso, ovviamente.

    Arosio ha sbagliato (con qualche rilevanza penale, secondo me) e avrebbe parimenti sbagliato a prendere appunti.

    Secondo me ha ragione Eco. Quanto meno nel pretendere educazione, ancora prima del rispetto della legge.

  9. Daniele Minotti dice:

    @ massimo #7

    Si', in effetti, semmai, la regola vale per tutti, non secondo la *stecca*.

    In tal senso, al di la' della bonta' degli argomenti oggetivamente letti, Eco non ci fa una bella figura.

  10. emanuele dice:

    Anche lui ha detto esattamente la stessa cosa (zone oniriche a parte), riguardo alle intercettazioni:

    “[…] al telefono si hanno delle libertà  e si usa un linguaggio che non si userebbe in pubblico: il telefono ha delle zone oniriche e se le telefonate sono pubblicate sul giornale possono esporre una persona al pubblico ludibrio” (Silvio Berlusconi)

  11. ciro pellegrino dice:

    ecco cosa comporta invitare a cena un giornalista e farlo mangiar male

  12. Tonino dice:

    L'Espresso, come peraltro Repubblica, fa a tratti del giornalismo pettegolo e scandalistico e il ricorso a forzature ed espedienti del genere ne è un sintomo rivelatore, più che la causa. Poi capita che pesti il piede a uno della caratura di Eco (e collaboratore anziano mi sembra un modo tutto sommato sobrio di comunicarlo), che le cose non ha bisogno di mandartele a dire, né di tacerle per opportunità  di scuderia, e il gioco mostra la corda.

    Attenzione però, quello che dovrebbe interessare il lettore non è la semplice correttezza professionale nei confronti delle persone oggetto dell'attenzione, ma il fatto che la propensione a travalicare le regole in quella fase indica un'eguale propensione a svirgolare nel confezionamento stesso dell'informazione. In altre parole il punto non è di fare le educande, è chiaro che ci sono circostanze in cui l'urgenza di pubblicare una notizia può superare gli scrupoli sulle modalità  con cui la si è ottenuta e comunque è una valutazione che sta al giornalista di assumersi coscientemente. Ma un ricorso sistematico e ordinario a scorciatoie e sotterfugi serve a gonfiare lavori sciatti e a confezionarli con un taglio ben preciso per renderli più attraenti (vedi per esempio il caso delle sofisticazioni sui vini di cui si è parlato su queste pagine).

    Perciò la contrapposizione tra pratica e civiltà  che propone De Biase mi sembra un criterio abbastanza discutibile da assumere. Se sgarri sulla correttezza formale è piuttosto probabile che pure la pratica ti esca piuttosto male.

  13. Francesca dice:

    Ma se davvero l'Espresso fa del giornalismo così pettegolo e scandalistico, da bottega del barbiere (quanto snobistico disprezzo in queste parole!), come mai Eco se ne accorge solo adesso?

  14. Mondo dice:

    Nessuno ha detto che se ne sia accorto solo adesso, il fatto che ci scriva non vuol dire che lo ritenga il miglior settimanale possibile…

    E soprattutto non ha detto che l'Espresso fa del giornalismo etc. etc.

    Ha detto che QUANDO FA COSI' scade al livello di riviste da etc. etc.

    Differenza sostanziale direi.

  15. Francesca dice:

    In ogni caso Eco non ha mai fatto una piega quando l'Espresso metteva in piazza la vita privata di altre persone, ad esempio con la pubblicazione illecita di intercettazioni o con foto rubate o con il ravanare calunnioso nelle vite degli altri. Si è inalberato solo ed esclusivamente perchè coinvolto di persona, fosse successa la stessa identica cosa ad un collega non avrebbe sprecato una riga della sua illustre prosa.

  16. Tonino dice:

    Sto fraudolento turlupinatore, che magari poi i libri non li ha scritti nemmeno lui e si permette di dar lezione

  17. Francesca dice:

    Non è fraudolenza, si tratta solo di doppia morale, o più semplicemente di ipocrisia.

  18. roberto dice:

    Happening di dinosauri radical chic psicolabili. Narcisisti pseudointelettuali dai quali il cervello funziona solo dalla parte sinistra ma pronti a ridere anche con un ex nazista delle SS , basta che convertito a guru della sinistra fanatica. Roba da neurologia geriatica…

  19. Tonino dice:

    C'è gente che sta abbastanza male

  20. Mammamsterdam dice:

    Indipendentemente dai partecipanti, compresa la rivista e la sua tipologia, Eco ha ragione nel dire che se sei intervistato allo scopo di scriverci un articolo, il minimo è che tu debba saperlo.

    Non condivido il commento qui sopra, per cui se frequenti un giornalista te lo devi aspettare. Si dà  il caso che se sei un giornalista, ne frequenti in amicizia anche parecchi, ed è vero che in privato e tra amici tutti, ma proprio tutti, facciamo battutacce. E che in confidenza, con delle persone specifiche dici cose che magari non hai piacere che vengano riferite ad altri.

    Inutile criticare Eco per chi è o per dove scrive o come lo fa. Esiste una cosa in tutti i mestieri che si chiama deontologia professionale, in Italia per tanti motivi la si prende in maniera diversa che altrove (ne ho scritto recentemente sul mio blog per sentirmi dire che i blogger odiano i giornalisti) e infatti ogni paese ha la stampa che si merita. Perché i giornali vivono se qualcuno li compra. Lui di questo sta parlando e il principio è giusto in sé.

    Insomma, se avessi dovuto riferire o pubblicare tutte le cose che personaggi noti da me intervistati mi hanno detto a cena o in confidenza, sarei la star delle riviste da barbieri. Io invece ritengo che un buon giornalista non debba aver paura ad essere apertamente critico con i propri intervistati, ma anche debba a volte proteggerli da sé stessi. Proprio perché da professionista so come funziona il mondo dei media, forse meglio del mio interlocutore, che magari non si rende conto di come potrebbero essere usate contro di lui/lei le cose che racconta.

    Poi, come diceva mia nonna: fai come il prete dice, non come il prete fa.