Tribuna elettorale
Interrogato sui suoi maglioni di cachemere, ieri Fausto Bertinotti ha risposto: ”Io sono comunista e i borghesi vorrebbero che i comunisti sbagliassero i congiuntivi, fossero sporchi e vestissero male. Mi dispiace ma io penso che i comunisti possono anche essere eleganti”.
Eleganti forse sì, ma sui congiuntivi c’è ancora da lavorare.
Gazzetta dello Sport [*]
07
Apr
Da Wittgenstein:
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Aprile 7th, 2008 at 10:14
L'ho scritto gia' in privato a Luca e lui mi ha risposto che non era sua intenzione fare il rigido sulla lingua italiana.
In ogni caso, per chiarire, "penso che" + indicativo e' una forma grammaticalmente corretta, nel momento in cui si c'e' la certenza di quello che si pensa. L'abuso del congiuntivo e' un male da estirpare (esattamente come l'abuso dell'indicativo)
Aprile 7th, 2008 at 10:30
@antonio: "sono certo che" può reggere l'indicativo, essendoci appunto una certezza. "Penso che" per definizione certezza non ne dà , quindi vuole il congiuntivo.
Aprile 7th, 2008 at 10:35
D'altronde il paese intero ha da lavorarci, sui congiuntivi. ;)
Aprile 7th, 2008 at 10:52
> e l'abuso dei vestiti da fighetto per uno che si dichiara 'comunista' ?
Aprile 7th, 2008 at 11:21
Propongo una moratoria sui congiuntivi nei discorsi orali, concentriamoci sugli scritti.
Nella fattispecie, in quel caso a non fare il suo lavoro è stato il correttore di bozze.
Aprile 7th, 2008 at 11:23
@xmau:
giusto perche' sto fuori casa sicula e non mi trovo una grammatica sottomano sono "costretto" a citare wikipedia:
Una delle maggiori peculiarità del congiuntivo italiano riguarda i costrutti che indicano un'insicurezza o un'opionione, dunque quelli introdotti dai verbi del pensiero (pensare, supporre, credere ecc.). In italiano, la scelta dell'indicativo o del congiuntivo è condizionata, oltre che dal registro, anche dalla maggiore o minore sicurezza che caratterizza l'enunciato. Dunque, la differenza tra questi due esempi:
* penso che lui è arrogante
* penso che lui sia arrogante
può essere spiegata da un uso più o meno accurato dei modi, ma anche anche da una differenza a livello di intenzione comunicativa (asserzione più o meno perentoria).
Diverso è il discorso per il francese o lo spagnolo: costrutti come je pense que oppure pienso que da soli non bastano a giustificare l'uso del congiuntivo. Esso è comunque previsto insieme alla negazione:
http://it.wikipedia.org/wiki/Congiuntivo_presente
Aprile 7th, 2008 at 11:29
per me in quel caso ci può benissimo stare l'indicativo.
anche se ammetto che è una cosa piuttosto delicata, in genere dopo il 'penso' ci sta molto meglio il congiuntivo.
Aprile 7th, 2008 at 14:34
@antonio: posso citarti il Serianni, pagina 517 della Garzantina: Quel che è innegabile è che, specie in dipendenza dei verbi di opinione, si registra sempre più spesso nel parlato o nello scritto infoemale la tendenza a usare l'indicativo: «Penso che ha ragione»; una tendenza che è bene contrastare in tutte le situazioni che richiedono un certo controllo linguistico, ossia nella scrittura formale o argomentativa (per esempio, in una tesi di laurea, in una relazione professionale, in un esposto al commissariato) e nel parlato sorvegliato.
All'atto pratico, quello che leggo io è che in un blog può stare bene, in un'intervista no.
Nel corpo della grammatica del Serianni, c'è un esempio di pensare+indicativo nel significato di "riflettere" (pensarci su), e uno di pensare+congiuntivo nel significato di "supporre".
Aprile 7th, 2008 at 19:45
Quando in una lingua viva, ricca e complessa come l'italiano, regole e grammatiche non riescono a mettersi d'accordo in casi dubbi come questo, ciò che davvero conta è il "suono", ovvero la sensazione di correttezza di un enunciato all'orecchio. E a me penso+indicativo "suona" davvero sbagliato.
Ma io sono un estremista del congiuntivo, quindi forse non faccio testo. Ci vorrebbe un referendum…
Aprile 7th, 2008 at 20:24
Mau, il sito della Crusca (http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=4369&ctg_id=93) pare ammetterlo senza considerarlo una forma colloquiale, proprio citando Serianni:
"Infine, alcuni verbi possono avere l’indicativo o il congiuntivo, con sfumature diverse di significato (su cui cfr. SERIANNI 1989: XIV 51). [….] pensare, ind. ‘essere convinto’: penso anch’io che tu sei stanco; cong. ‘supporre’: penso che tu sia stanco." (SERIANNI 1989= LUCA S., Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET)
Aprile 8th, 2008 at 02:40
@lopo: anch'io, se trovo una frase che inizia con "penso proprio che…" , sarei più gentile nel caso mi trovassi un indicativo. Ma c'è appunto un rafforzativo: d'altra parte, "penso proprio che tu sei uno stupido" e "penso proprio che tu sia uno stupido" hanno un significato piuttosto diverso.
Ma l'asso nella manica è Nel blu dipinto di blu: "penso che un sogno così non ritorni mai più…"
Aprile 8th, 2008 at 02:42
(su Modugno sto scherzando, visto che grammaticalmente in quell'esempio userei l'indicativo futuro: "penso che un sogno così non ritornerà mai più")
Aprile 8th, 2008 at 04:33
Beh, penso che al Subcomandante Fausto si possa concedere di avere granitiche certezze, anche se non so cosa dice "Das Kapital" sull'eleganza…
Aprile 8th, 2008 at 10:08
.mau.: Dipende da quanto sei timido e di conseguenza sicuro delle tue opinioni. Se sei un nerd, devi usare penso che + congiuntivo; se sei Luca Luciani, devi usare penso che + indicativo.