Ho come la sensazione che il dibattito sulla necessita’ di una Carta dei diritti per Internet (nato da una vecchia idea di Stefano Rodota’) sia un dibattito quasi solo italiano. Stefano Maffulli sul suo blog scrive oggi che l’idea di regolamentare la rete con normative sovranazionali che la mantengano al di fuori dei grandi potentati non lo convince. Qualche giorno fa Alessandro Bottoni in un commento su PI argomentava in direzione opposta. Personalmente ho molta poca fiducia nei governi, specie nella loro declinazione di governi illuminati e sovranazionali votati all’interesse collettivo. Penso che la rete se la sia cavata egregiamente fino ad oggi senza nessun regolatore illuminato e che i rischi e le preoccupazione per la sua occupazione siano tanto concreti quanto non recenti. E che Internet abbia sempre trovato modo e maniera per opporvisi. In altre parole, la carta dei diritti (come del resto ho scritto spesso in passato) non mi convince per nulla.

5 commenti a “NON INCARTIAMOCI”

  1. federico ferrazza dice:

    premesso che sono d'accordo con te, nel suo ultimo intervento al dialogue forum on internet rights di roma (http://www.dfiritaly2007.it/pdf/Intervento_Rodota.pdf), però, rodotà  non parla di un accordo fra governi. anzi.

  2. vb dice:

    Si può discutere sullo strumento; personalmente penso che la "carta" sia più che altro una indicazione simbolica di un obiettivo che il punto fondamentale della questione.

    Il problema però è che nella situazione attuale le tradizionali dichiarazioni di diritti, che pure sono teoricamente applicabili, restano lettera morta; il risultato è che chiunque, da Google in giù, fa un po' quello che gli pare, senza rispondere a nessuno.

    Eppure la storia di altri media dove si predicò che era necessario lasciare mano completamente libera – dalla radio alla televisione – insegna che il risultato più probabile di un completo lasciar fare è il consolidamento del potere nelle mani di pochi, senza vincoli e senza garanzie per il pubblico.

  3. massimo mantellini dice:

    magari Vittorio,

    gli esempi dell'evoluzione degli altri media per internet potrebbero essere meno applicabili no?

  4. kit dice:

    Ma quale carta dei diritti. Il giorno in cui si applicasse un qualsiasi regolamento (diritti, e poi chissà  magari anche doveri, perché no?) dovremmo stare qui a pensare ad un'altra internet. E no. I diritti sono la chiave per entrare nel potere, non per limitarlo. Governi, stati, legislatori, no non dobbiamo starci per nessuna (anche buona) ragione al mondo. Io me ne impippo di google. Questa non è la tv, la cui diffusione è condizionata da una serie di apparecchiature (ripetitori, satelliti, etc.) che solo pochi si possono permettere.

    Ricordate Berlusconi? Quando costruì la sua prima rete stanziò 10 miliardi di lire per 10 ripetitori italiani. Fu la fine di un mezzo che doveva essere di larga e popolare creazione e diffusione. Qui basta una presa del telefono (il minimo indispensabile, ma che c'è ovunque nel mondo) e con questo mezzo anch'io posso dire le mie minchiate. A costi zero.

    Con ciò non sono così fesso da non pensare che se voglio che un mio filmato sia visto almeno da tre persone lo debbo mettere su youtube e che youtube è un potentato che sarebbe bene ingabbiare un po'. Ma sono contento così, preferisco sapere che non ci sono regole, mai e di nessuno tipo. E' ovvio però che dobbiamo cominciare a preoccuparci un po'. Quando si parla di diritti non si sa mai dove si va a finire. La difesa (così com'è) di questo mezzo di comunicazione dovrà  essere molto netta, e nel caso stare pronti a traslocare da qualche altra parte.

  5. Joe Tempesta dice:

    VB, non mi risulta esista una "carta dei diritti del Telefono", o una "carta dei diritti della Radio". Esistono regolamenti e leggi (nazionali perlopiù). I primi servono soprattutto per consentire ai sistemi di funzionare (un po' come gli RFC su Internet) i secondi a limitare questo o quello, ma son sempre nazionali. D'altra parte non sarebbe esistita Radio Londra se le regole le avesse stabilite la Società  delle Nazioni (ciò che di più simile a un governo sovranazionale eisteva allora) di cui facevano parte anche l'Italia e la Germania.