Apogeo mi informa che Igino Domanin, uno dei nostri autentici idoli della prima fase del blogging italico ha scritto, insieme a Paolo D’Alessandro un libro dal titolo invitante:”Filosofia dell’ipertesto“. La presentazione porta indelebile lo stile del nostro che abbiamo imparato ad amare (pur non capendoci assolutamente nulla).
Scopo di questo volume e’ interpretare filosoficamente il senso della esperienza culturale che emerge nel contesto interattivo e virtuale proprio dei nuovi media. Si cerca di cogliere le modalita’ attraverso cui la tecnica retroagisce sul pensiero che intende utilizzarla per manifestarsi; allo stesso tempo si pone il problema della genealogia della pratica filosofica, proveniente dai gesti di lettura e scrittura. Le tecnologie comunicative, in altri termini, sono indagate in relazione alla loro funzione costitutiva rispetto a quel che significa pensare. Ci si chiede, pero’, non tanto se si possa comunicare il pensiero, mediante il “contenitore”? elettronico-digitale, quanto piuttosto se si possa elaborare pensiero con il nuovo medium della scrittura elettronica. Insomma, s’intende portare l’attenzione e la critica teoretica all’utilizzo del medium nelle sue specifiche caratteristiche e non semplicemente quale simulatore e riproduttore di scrittura alfabetica.
Gennaio 25th, 2005 at 15:32
Provo una traduzione in italiano:
"A scrivere sul web si viene influenzati dal mezzo [retroazione sul pensiero]?
Non nel senso di riuscire o meno a farsi capire, ma nel senso che forse si diventa scemi [se si possa elaborare pensiero].
Mica pizza e fichi [e non semplicemente quale simulatore…]"
E' una teoria seducente.
Gennaio 25th, 2005 at 16:26
Una supercazzola in piena regola.
Gennaio 25th, 2005 at 17:19
Beh, scrive in modo involuto, ma comuqnue comprensibile a chi ha studi filosofici alle spalle. Forse è quello il target di lettori cui si rivolge.
P.S.
Ci sono libri di filosofia scritti in modo molto più complesso, per esempio Deleuze e Guattari
Gennaio 25th, 2005 at 17:34
il punto due di gaspar credo sia sbagliato:
Non nel senso di riuscire o meno a comunicare il pensiero alla maniera in cui siamo abituati dalla scrittura alfabetica e derivati, ma nel senso che forse si produce un tipo di pensiero del tutto nuovo [se si possa elaborare pensiero].
mica pizza e fichi ecc ecc
Gennaio 25th, 2005 at 18:06
Lo compro. lo leggo e poi se arrivo alla fine….
Gennaio 26th, 2005 at 02:30
"In questo libro si cerca di capire se la scrittura elettronica, anche in rete, ha cambiato qualcosa nello scrivere e in noi stessi."
Gennaio 26th, 2005 at 02:32
La risposta è sì, passiamo a qualcosa di interessante?
Gennaio 26th, 2005 at 03:06
citare moretti è un po' facile, ma la sua battuta su "chi parla male pensa male" è spesso adeguata a casi del genere.
di regola, un testo non andrebbe mai riletto per capirlo. se è il caso, l'autore ha un problema. immaginate una conversazione in cui si chieda continuamente all'interlocutore di ripetere quanto ha appena detto…
Gennaio 26th, 2005 at 03:57
D'accordo con Alessandro Longo, e' sullo stile testo filosofico. E' stato come tornare indietro ai tempi in cui leggevo di filosofia del diritto. Brutto flashback, non m'e' piaciuto.
Gennaio 26th, 2005 at 04:23
dunque gpa, se leggi un testo di fisica atomica e poi un testo sul concetto di potenza in aristotele tu li capisci al primo colpo. non so se invidarti o preoccuparmi per te.
Gennaio 26th, 2005 at 11:42
Se uno studente di filosofia di primo pelo e fresco di liceo allargasse le braccia sconsolato di fronte a questo semplice testo, potrebbe allegramente far fagotto seduta stante e andare a fare altro, nella vita. L'unica cosa che distingue quello studentello da voi è che lui deve muovere il culo, far funzionare il cerebro e non stare troppo a far lagne, se vuol passare l'esame. Invece voi, complice il gusto di sbertucciare Domanin, mollate il colpo al primo paragrafo. Tutto qui. (Per la cronaca: D'Alessandro è il docente preferito degli studenti meno dotati e i suoi libri sono tra i più semplici che uno possa trovarsi a leggere durante il corso di studi).
Gennaio 26th, 2005 at 12:47
Per favore, non nascondetevi dietro a un dito.
Il fatto che sia difficile esprimere in modo semplice argomenti complessi (un'arte più praticata nel mondo anglosassone che in quello latino), non giustifica chi dice cose banali in modo contorto.
Secondo me, naturalmente.
Gennaio 26th, 2005 at 14:07
D'accordo con Gaspar. Per quanto riguarda l'arte di far capire la fisica atomica alla prima lettura, basti l'esempio di Richard Feynman.
Gennaio 26th, 2005 at 14:12
Non è affatto banale quel che si dice nel testo. E' invece un tema affascinante. In sostanza, il pensiero filosofico non esiste a prescindere dal gesto della lettura e della scrittura. Si tratta di gesti non innocui, che creano uno schematismo di pensiero trascendentale, perché costruiscono, una parola dopo l'altra, un ordine consequenziale. E' solo a partire da questi gesti, suggerisce il testo, che si struttura la razionalità . Quindi la tecnica della scritturae della lettura retroagiscono sullo stile di pensiero e creano un mondo nuovo. La domanda è: come retroagisce la tecnica dei nuovi media sul pensiero? Si tratta di un nuovo tipo di scrittura? (Intanto digitiamo, non lasciamo scorrere la mano in senso orizzontale: saremo indotti a pensare al tempo non più come sequenza di punti uguali?). Non solo. Il testo si chiede anche se la scrittura elettronica assolva solo a un compito di trascrizione di pensieri già elaborati o se sia il terreno di coltura di un pensiero inedito che lì e solo lì possa essere dato alla luce. Ripeto: per me, qui non c'è nulla di banale né di conrto. Poi si può discutere su quel che dici all'inizio, cioè sul render semplici le cose complesse. Sembra una cosa nobile e spesso lo è. Ma non sempre. C'è anche un aspetto iniziatico del sapere che non va sottovalutato. E' noto che gli allievi dovevano ascoltare il maestro da dietro una tenda per cinque anni, prima di accedere all'ascolto diretto di Pitagora. Ora io mi infastidisco sempre un po' per queste virtù anglosassoni (i principi della banalità !), perchén sotto sotto il messaggio che passa è: il sapere deve essere democratico, non già nel senso d'accessibile a tutti e non per censo, ma nel senso di "alla portata di tutti", cioè facile e senza fatica. Non è vero, naturalmente, è solo una palla che raccontiamo a noi stessi e alle nuove generazioni. Questo è uno dei motivi per cui io volutamente non diluisco più di tanto la mia scrittura. Il che suscita sempre i soliti rimbrotti. In passato, anche veri e propri sfottò. Comunque, se rileggi il testo senza pregiudizi… :-)
Gennaio 26th, 2005 at 14:57
Lorenza, la sfida è proprio questa: il non sovrapporre alla eventuale difficoltà dell'argomento che si tratta una esposizione offuscata, imprecisa, barocca.
Paradossalmente poi il www, dove si riesce a comunicare meglio anche in virtù dell'eleganza della rappresentazione grafica e tipografica, è anche l'argomento del libro del quale stiamo parlando.
Vedo anche una certa ironia involontaria, in tutto ciò.
Gennaio 26th, 2005 at 18:59
immagino, essendo d'alessandro un ex collaboratore di sini e domanin un collaboratore di d'alessandro, che si riprendano alcune cose dette nei libri di sini (che nel caso non si sappia è un filosofo italiano di tutto rispetto) intorno al nesso tra scrittura alfabetica e costruzione della mente logica, e di conseguenza della filosofia e di un po' di altre cose, mutuate e trasposte alla rete (di cui invece immagino sini non sappia una cippa, ma non è il suo mestiere). La citazione riportata è piuttosto in linea con quelle ricerche. Ecco, io eviterei in generale di dire che i libri di sini sono banali. A meno che non volessi fare pubblicamente la figura del cretino, naturalmente. Su quelli di d'alessandro ammetto che qualche dubbio in più lo nutro, comunque non giudicherei prima di leggere.
ecco, forse la differenze tra una scrittura rigorosa, e quindi complicata, che alle volte se non regge il talento di penna o di pensiero può sconfinare nell'involuto (e non dico che sia il caso di questo libro), e una che si vuole a priori divulgativa, piana, che strizza l'occhio, che si fa vendere a tutti, che fa credere di far capire, è che la prima affronta problemi complessi con la consapevolezza di farlo, e quindi non ha paura di essere talvolta ostica. La seconda i problemi complessi non sa nemmeno dove stanno di casa, usa il buon vecchio senso comune, mette insieme cose che a uno specialista fanno accapponare la pelle, mischia allegramente, per rendere la cosa comprensibile in 5 minuti, faccende che richiederebbero distinzioni, precisazioni, dissezioni. E dà l'impressione di essere arrivato alla cima in elicottero invece che per la mulattiera. Purtroppo l'elicottero non si è nemmeno staccato da terra, era un luna park, e vi hanno pure fatto pagare il biglietto.
Comunque a voi va bene così, quindi sciao :)
Gennaio 27th, 2005 at 02:35
Giorgio, volevo rispondere per le rime al tuo colpo basso ma poi mi sono accorto che la parola definitiva l'ha già detta Leibniz
;-)
Gennaio 27th, 2005 at 03:12
se se, la volpe e l'uva
;-)
Gennaio 27th, 2005 at 04:28
;-)
Gennaio 27th, 2005 at 05:07
Concordo con Lorenza sul fatto che l'argomento è interessante e non banale, ma mi allineo alla posizione di AdRiX e in parte di Gaspar.
Se l'intento è divulgativo ( e in un saggio con quel titolo dovrebbe esserlo ) occorre pensare a chi leggerà quel testo.
Scrivere in maniera semplice e comprensibile di un argomento "complicato" è decisamente meno agevole che scriverne in maniera complessa e involuta, intellegibile solo per pochi "iniziati".
Dei culti iniziatici ho sempre sospettato, fin dai tempi di Pitagora, appunto.
Del libro in questione ho letto per ora solo la scheda di presentazione e qualche stralcio, mi riservo dunque di esprimere un parere dopo averlo letto davvero.
Ma ho la netta impressione che sia il classico testo che può risultare comprensibile solo a chi conosce l'argomento in oggetto meglio dell'autore.
Volendo un esempio stilisticamente opposto, consiglio a chi non l'avesse già letto "Le menzogne di Ulisse" di Piergiorgio Odifreddi.
Cordialmente,
Gennaio 27th, 2005 at 09:06
prima osservazione: mi pare che si sta facendo un gran parlare, non sempre a proposito, di un libro che forse nessuno ha ancora letto. bene.
seconda osservazione: un libro non ancora letto da quasi nessuno, produce una discussione, non sempre a sproposito, che induce a 'ragionare'.
terza osservazione: Domanin vi cucina tutti. chapeau
Gennaio 27th, 2005 at 09:16
Tra tutti i commentatori intervenuti, c'è qualcuno disposto a sostenere che qualunque argomento, per complicato e difficile che sia, può essere esposto in termini comprensibili anche ad una prima lettura (attenta, si spera)? Io no, e dunque per parlare dovrei aver letto il libro (il che può succedere solo se domanin me lo manda, non se io l'acquisti).
Sulla regola del primo colpo (sempre in generale, e senza ritenere che Domanin sia Hegel):
"Il contenuto filosofico della proposizione distrugge l'atteggiamento comune del sapere e l'opinione relativa; l'opinione apprende che il significato è diverso da quello che essa credeva, e questa correzione della propria opinione cstringe il sapere a ritornare sulla proposizione una secnda volta e ad intenderla in modo diverso"
(Hegel, Fenomenologia dello Spirito, Prefazione. La citazione andrebbe riletta più volte, "quando, s'intende, nell'individuo siano presenti le condizioni culturali per comprendere critti del genere".
Gennaio 27th, 2005 at 09:35
Bedduzzo, che capisti?
Qui si parla della presentazione, non del libro.
Vedrai quando si parlerà del libro, altro che il Bruma!
Gennaio 27th, 2005 at 10:25
Massimo, si.
Io.
L'ho scritto altrove e lo ribadisco qua.
Non c'è argomento, per quanto "difficile" e "tecnico" che non possa essere "tradotto" in un linguaggio comprensibile anche ai non specialisti.
A patto di averlo compreso.
E il fatto che sia comprensibile, naturalmente, non garantisce affatto che venga effettivamente compreso dal lettore.
Ma qui scivoliamo nella semantica pura, ergo meglio fermarsi e fare un passo indietro.
Diciamo soltanto che usare apposta un linguaggio ultraspecialistico e/o esoterico per non essere facilmente compresi ed anche quando non è strettamente necessario, è tipico di chi considera il proprio ristretto campo dello scibile come un giardinetto privato da difendere dalle intrusioni dei non iniziati.
Gennaio 27th, 2005 at 11:34
gesu, gilga, ma secondo te d'alessandro che è un pezzo di pane e igino che è un ragazzo pure simpatico, hanno interesse a "considerare il proprio ristretto campo dello scibile come un giardinetto privato da difendere dalle intrusioni dei non iniziati"? Ma de che?
su, dio bono.
mica si pubblicano solo libri divulgativi a questo mondo. E questo, "non è" un libro divulgativo, è un libro di filosofia, l'hanno anche scritto in copertina. Cosa devono fare di più, benedetti ragazzi?
Gennaio 28th, 2005 at 02:26
Perché scrivere in maniera complessa sarebbe involuto? E' vero proprio il contrario. Scrivere semplice e subito comprensibile non è certo banale, né facile. Ma il rigore dell'espressione e il codice linguistico che si inserisce in una tradizione filosofico dà il vantaggio dell'esattezza e delle sfumature del pensiero. Occorre solo impegnarsi di più e migliora la plasticità dell'intelligenza.
Febbraio 2nd, 2005 at 16:27
Scrivere in modo comprensibile di argomenti complessi richiede molto più impegno e soprattutto una conoscenza veramente approfondita dell'argomento del quale si desidera parlare.
Perché quindi stupirsi se così tanti scrivono cose incomprensibili in un linguaggio incomprensibile? ;-)