APOLOGIA del MARGINE
Luca Sofri apre un blog su Virgilio. Blog e’ una parola grossa per “Quattroeunquarto” che a parte il nome azzeccato e’ una normalissima pagina web su un normale portale italiano nella quale l’autore tratta argomenti collegati alla nota trasmissione TV Ottoemezzo. Ma la polemica sull’essenza dei blog, sulla presenza o meno dei permalink e di altre cose, nemmeno la voglio sfiorare, tanto e’ vecchia e inutile. Mi piace di piu’ quella sul margine. Io sono ogni giorno piu’ impressionato dalla idea di “margine” teorizzata da Weinberger e Searls in World of Ends. Continuiamo a mirare al centro mentre il valore e’ alla periferia:
Quando Craig Burton descrive la stupida architettura della rete come una sfera vuota composta solo da estremità , rappresenta un’immagine che coglie l’essenza dell’architettura di Internet: togliete il valore dal centro e consentirete l’incredibile fiorire di valore tra le diverse estremità collegate tra loro. Questo perché, ovviamente, quando ogni estremità è collegata ad ogni altra, le estremità non sono più affatto agli estremi.
Altro esempio. Biccio sul suo blog tenta una piccola polemica (ne parla anche Carlo) lamentando una scarsa attenzione, in tempi di intensa produzione editoriale sui blog, del suo libro BlogOut.
In questo libro (che grazie a dio non parla dei blog), sono raccolti semplicemente i post di questi personaggi, molti ormai passati di moda e quindi più o meno snobbati dal vippaio dei Bloggers con la B maiuscola, con la patente di giornalista o con le amicizie che contano (a proposito, io mi farei pagare per essere nei blogrollin’, pensateci…), ma che tuttavia a parere mio e di qualche altro “incompetente” hanno definito questo linguaggio in Italia
Per conto mio vale anche in questo caso, come nel caso di Quattroeunquarto, il valore del margine e la necessita’ di comprendere come certe categorie (i bloggers con la B maiuscola, poi, che sciocchezza!) siano oggi di fatto ininfluenti. Se Luca pensa sia giunto il momento di occuparsi del compleanno di Nicola (come scriveva qualche giorno fa) o meno non ha molta importanza. Ognuno dal proprio margine puo’ fare del suo fascio di bit cio’ che crede. Perfino credere che la progenitura dei blog in Italia sia di per se’ un valore. Continuiamo ad applicare le solite categorie di una comunicazione che discende da un centro e scivola verso gli ascoltatori mentre oggi la struttura e’ molto cambiata e scrivere un blog su Virgilio e’ ormai semplicemente una tautologia. Perche’ ognuno di noi e’ Virgilio. Anche Biccio, padre putativo (fra gli altri) del blogging italico, e’ Virgilio. Anche Sofri lo e’. E perfino il decimillesimo utente di Splider lo e’ allo stesso modo. E le rampogne sulla scarsa visibilita’ o le scelte di una maggior visibilita’ sono ormai davvero roba di ieri, residui di una logica comunicativa che si va liquefacendo.
p.s. BlogOut, di Fabrizio Ulisse e Alessandro Marzi, edito da Novecento, i ricavi devoluti ad Emergency.
Maggio 7th, 2003 at 10:47
Sono d'accordo con quel che dici, aggiungo solo due note a margine:
-Per quanto il blog favorisca dinamiche di relazione distribuite nello 'spazio', e' normale che qualche punto di aggregazione qua e la' si venga a formare. Il tuo sito ne e' un esempio. Questo per me e' tutt'altro che un problema, e mi va bene fino a quando tu usi questa centralita', piccola o grande che sia, non per tenertela e averne una rendita di posizione, di qualsiasi genere, ma per diventare una sorta di minicrocevia dell'insieme dei blog, nel quale si passa spesso perche' si sa che probabilmente ci dara' idee su altri posti in cui andare. La discriminante e' che il tuo blog, e quello di chiunque altro, rimanga un punto di passaggio e non di fermata.
-Siamo in un momento in cui forse lo strumento del blog puo' essere visto da alcuni come una possibilita' a costo zero di farsi notare e avere perlomeno il proprio quarto d'ora di notorieta'. Molta gente ambisce a far parte di un mondo in cui la struttura delle relazioni e delle comunicazioni e' fortemente gerarchica, e in cui loro si trovano nella posizione dei nodi, perche' questo porta potere, denaro, o semplicemente perche' soddisfa l' ego. Il blog puo' essere per loro uno strumento semplice per raggiungere altri lidi, e quando li avranno raggiunti … tanti saluti al blog.
Maggio 7th, 2003 at 12:25
Prima di tutto un disclaimer: Biccio mi ha chiesto di far parte del libro BlogOut, e anche alcuni post presi da Emorroico finiranno nel manualetto.
Concordo anche io, Massimo. E' inutile lamentarsi del "passaggio di moda" o dei "blog con la B maiuscola", ed e' inutile (anche se marginalmente divertente) la ricerca del Sacro Primo Blogger d'Italia, a cui dare piu' privilegi o diritto di parlare e di essere ascoltato degli altri (ti saluto, oh Marco Ghezzi di Metafora ;-)
La logica del "c'ero prima io" (specialmente in cose che non si possono "inventare", come i blog) e' inutile, anche perche' prima di te ci sara' sicuramente stato qualcuno, e tu rincorrerai senza sosta la prossima nuova cosa di cui ti puoi appropriare, scoprendo che a meno che non ti dai una mossa e non cominci a fare qualcosa di originale con la tua testina e' difficile che qualcuno ti assegni mai la "paternita'" di una qualche idea. E se anche te la assegnano, beh "so what"?
Basta perdere tempo in queste pippe mentali!
Maggio 7th, 2003 at 14:46
Ti ringrazio Massimo per aver "raccolto la palla" (oltre che ovviamente per la citazione). La scarsa attenzione al libro non è il tema dominante, io stesso ne ho parlato pochissimo, (Eloisa ne ha parlato più di me!) come potevo aspettarmi il tam tam? Non è dominante nemmeno la lamentazione (ho già avuto modo di dire che non sono tipo da lamentazioni). No, se c'è una ragione per cui ho voluto scrivere ciò che tu citi, è solo per le motivazioni lucidamente esposte da Marco Schwarz proprio qui sopra. Ritengo infatti che lo spirito di cui tu e Antonio parlate sia andato vagamente perduto, o almeno stia correndo questo rischio.
Non è importante se ho cominciato prima io o prima tu o prima Eloisa o Antonio; forse per qualcuno però sta diventando importante definire questo fenomeno, e spesso nel definire i fenomeni si rischia di ucciderli un po', specie se se ne cercano i confini. Ci sono persone che hanno bisogno di certezze, e queste persone devono tratteggiare lo "stroke" attorno ai fenomeni, altrimenti soffrono di difficoltà di posizionamento. Questi individui poi troveranno sempre degli adepti, persone che hanno lo stesso problema di posizionamento, o di auto-rappresentazione, aggravato oltretutto da una scarsa dialettica. Il risultato è che il fenomeno viene ingabbiato in una scatola, e diventa una merce, non importa se con un prezzo sopra oppure no (in alcuni casi sta accadendo anche questo)….
Maggio 7th, 2003 at 14:47
(continua dal precedente)
….Allora la scelta di BlogOut è diversa. Un'avventura piccola, dichiaratamente non a scopo di lucro, che non userà frasi tipo "… non dimenticherò mai quei momenti, eravamo solo in dieci ma era solo l'inizio dell'epopea e bla bla…", ma che semplicemente proverà a dire che ci sono fasci di bit , margini che parlano una lingua diversa, inconsueta, che non è quella giornalistica nè quella epistolare nè altro di già esistente. E nel libro ci sono 13 individui che sono solo 13 dei mille, certo fra questi ci sono quelli che davvero hanno iniziato temporalmente (vanessa, eloisa, fred, antonio), ma ce ne sono altri che hanno soltanto usato una lingua diversa da quelle conosciute finora. E il paradosso è che se c'è un intento in questo libro e nelle mie parole, è proprio quello di ritrovare e rilanciare quella cultura del margine di cui tu parli, perchè, ahimè, non è vero che questa logica comunicativa residuale si sta liquefacendo, anzi, percepisco un pericolosissimo tentativo di riproporre in questi nuovi contetsi certe dinamiche di relazione tipiche della comunicazione italiana (nei media, nella politica, nei salotti di Costanzo etc.) di cui francamente vorremmo fare a meno. Mi sbaglio? Me lo auguro :-)